Il 29 luglio 1890 moriva il trentasettenne Vincent Willem van Gogh, pittore olandese autore di quasi 900 dipinti e più di 1000 disegni – senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e i tanti appunti destinati probabilmente all’imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese – ma che, tuttavia, in vita non riuscì a vendere neppure una sua Opera. Questo cosa ci suggerisce?

Forse ancora quasi totalmente rapita dal workshop attoriale milanese del 13-18 luglio, mi ritornano in mente le parole di Giuseppe Morrone: “Dovete imparare a stare comodi nello scomodo” (come asserì Vittorio De Sica), ché essere davvero Artisti con la -A maiuscola vuol dire rievocare emozioni e farle proprie così da restituirle pure agli altri, ma per riuscirvi bisogna essere persone libere da ogni sovrastruttura seppure proprio ciò comporterà venire spesso emarginati, se non addirittura demonizzati …Quelle stesse sovrastrutture in ragione delle quali il fratello di Theo fu additato quale folle, soltanto perché non aderente ad alcuno schematismo e a canoni pre-impostati, e che non di meno non hanno impedito a Vincent van Gogh di dipingere fino al suo ultimo giorno sulla grave terra. Questi, uomo eccezionale, ha donato al mondo la sua più profonda anima con la generosa gratuità che caratterizza i veri creatori, i più autentici interpreti.


Ed appunto a proposito dell’ultimo dì prima della sua morte è Wouter Van der Veen, segretario generale e direttore dell’istituto Van Gogh ad aver scoperto il luogo raffigurato dal pittore olandese nel suo ultimo quadro, intitolato “Radici d’albero”, realizzato 130 anni fa poche ore prima dello sparo che lo portò al decesso, due giorni dopo il tragico occorso. Tale luogo si trova ad Auvers-sur-Oise, a meno di 30 chilometri da Parigi. Il posto è a 150 metri dalla locanda in cui Vincent alloggiava da 70 giorni, come ufficializzato quest’anno nella data della ricorrenza della sua dipartita.

È difatti durante il confinamento a causa del Coronavirus che l’attenzione del soprannominato ricercatore, Wouter Van der Veen, si è focalizzata per caso su una vecchia cartolina postale che aveva digitalizzato sul suo computer, dell’Ile-de-France, raffigurante un ciclista che percorreva la rue Daubigny, al principio del secolo scorso. Il ciclista a costeggiare un terrapieno sopra il quale alcuni alberi dalle radici semiscoperte, verificate combaciare con il ritratto in “Radici d’albero”.

Da qui la decisione di proteggere ora il punto scelto dall’Artista olandese per la sua ultima tela con una barriera, per evitare il furto di radiche da trasformare in reliquie.

Giulia Quaranta Provenzano