Alcuni giorni fa abbiamo inaugurato una piccola rubrica dal titolo “Cinque storie di Covid a Tortona” e ne abbiamo già pubblicate tre, scritte da altrettanti operatori sanitari che hanno lavorato all’ospedale di Tortona durante l’emergenza, primo Covid hospital della Regione Pienonte.

Quella che andiamo a pubblicare oggi, però, è forse la storia più drammatica perché parla di alcune delle tante persone decedute per Coronavirus. Chi decide di intraprendere alcune professioni come quelle sanitarie sa che si troverà per il resto dei suoi giorni costantemente a contatto con la morte e quindi ci fa l’abitudine e la morte, alla fine, come anche per chi fa il mestiere del giornalista, fa parte del tuo lavoro e del tuo modo di vivere ed essere.


Dopo aver visto tante persone morire arrivi a un punto in cui non ci fai quasi neppure più caso; il Covid, però, deve essere stato qualcosa di devastante se, anche per chi è abituato a veder morire le persone, ha provato certi sentimenti, così come scrive Sara in questo suo straziante racconto.

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Nulla sarà più come prima.

E a volte mi chiedo, sarà davvero così anche per me?

L’ospedale è pur sempre l’ospedale, i pazienti.. Io continuerò a essere un’infermiera.

Ma poi penso a Massimiliano, ai suoi occhi troppo giovani che vedo spegnersi velocemente, mentre le mie mani tentano invano di tenerlo con noi.

Penso a Rosaria, così piccola e magra che quasi sparisce tra le coperte, alle parole di sua figlia durante una chiamata in piena notte “mi dica solo che avete fatto in tempo a leggerle le nostre lettere e che le avete fatto vedere le foto”. Certo che lo avevamo fatto e quel “mamma ti aspettiamo a casa” continua a risuonarmi in testa.

Poi penso a Luigi, il perfetto esempio del letterato “un po’ matto”, scrittore, poeta, critico d’arte, un concentrato di passione e vecchio fervore. “Luigi, hai letto che è morto Sepulveda?” “Ah sì? Comunque a me Sepulveda faceva cagare..”

Infine penso a Claudio, quello che mi riconosce anche solo dalla voce, quello che “sei un angelo, abbia sempre cura di te, se avrai bisogno ci sarò”.

Mi sento ricca di parole, di sentimenti, di emozioni, sensibilità, empatia. Forse queste persone hanno lasciato più a me di quanto io abbia dato a loro.

Sarà tutto come prima ma nulla sarà uguale.