Il 21 giugno è la festa della musica. La storia ci dice che tale Fête de la Musique è iniziata in Francia nel 1982, promossa dal Ministero della Cultura condotto da Jack Lang, ad invitare tutti i musicisti (professionisti ed amatori) a suonare per le strade delle città. In seguito, la manifestazione popolare per celebrare il solstizio d’estate si è sviluppata pur fuori dalle frontiere francesi. In Europa, dal 1955, hanno aderito e si sono confederate in un’associazione europea Atene, Barcellona, Berlino, Budapest, Bruxelles, Lisbona, Liverpool, Losanna, Madrid, Milano, Napoli, Parigi, Praga, Roma, Senigallia AN, Lanuvio RM.   

Ma che suono ha in un anno così inedito tale ricorrenza? Gli sfoghi sono già stati tanti, persino molto diversi, perché è innegabile che il mondo dello spettacolo e dell’arte abbiano risentito, e non poco, del periodo di pandemia. Una situazione emergenziale che ha dato adito appunto ai più differenti approcci e reazioni alla detta situazione. Alcuni artisti, specie parecchi cantanti e musicisti, ad esempio si sono mobilitati per raccogliere fondi con vari propositi, altri hanno storto il naso ed altri ancora hanno invece avuto esplicite parole assai dure nei confronti di esibizioni gratuite, per beneficienza. Quest’ultimi a non trovarle opportune in un momento storico in cui il Governo avaro di adeguate misure a sostegno della categoria, moltiplicando vertiginosamente la disoccupazione.


Personalmente, oggi, non me la sento di “calcare mano” alcuna. Sono in un periodo della mia vita in cui l’irruenza che marcatamente mi connotava si è forse trasformata in (quasi) accettazione di quanto pare, chissà, a me destinato e che mi appartiene benché il volere a lungo all’opposto. Sono stanca di rincorrere traguardi con ogni respiro e sospiro, di tentare di combattere un ego di mulini a vento e non mi rimane che quella schiettezza e disillusa ironia delle canne nella bufera. Perché, a dispetto di tutto, il mio caratterino deciso ed incorruttibile lo conservo sempre, soltanto gli schiaffi presi mi hanno reso apparentemente più paziente, fatalista e proiettata al lasciar scorrere.

La musica soprattutto è ora la mia terapia – suoni, parole e silenzio. Quel silenzio, specie, del quale ricordarsi per trasformarlo in un’occasione d’ascolto più profondo e non piuttosto in un accumulo d’udito, superficiale e/o frettoloso, ad essere rumore in cui tutti dicono e raccontano il proprio in direzione autocentrica. Ho sondato, grazie all’ascolto, i miei desiderata tuttavia ancor più ho cercato di comprendere le ragioni prime ed ultime del volere così da renderlo occasione per tramutare i dispiaceri in un nuovo risveglio in un bicchiere mezzo pieno, capace di farmi apprezzare il circostante e il dimostrato seppure distante dall’esperibile – e non mezzo vuoto, poiché vertente unicamente sulla prima persona. L’atteggiamento è fondamentale, come ci si approccia all’adesso è la chiave di accesso ad ogni tempo e luogo ed io certamente mi sono, nel recente passato, avvelenata di volontà feroce quanto in parte fallimentare.

Ed ecco che adoro la musica, che è linfa per ogni senso, per connettersi all’emozionale e staccarsi dalla finalizzata razionalità che fa dello scopo e dell’ottenuto focus limitando la libertà del sentire, la forza della gioia fine a se stessa e dunque dell’autentico amore che non conosce motivo altro dalla pienezza dell’essere veri. Mentre ambivo a traguardi, senza posa, in realtà divenni apatica e confusa, disperata, violenta e malata dentro. Qualsiasi travestito svago più spesso un palliativo per non porre, momentaneamente, l’attenzione sul mancato ristoro ed incontro con la bambina che ero stata. Curiosa, sensibile, che rideva e cantava felice del provato e non del materialmente posseduto. La notorietà, la reputazione non servono per riconoscersi anzi non di rado allontanano da tutto ciò che non è orgogliosa falsità, ignorante del privo di “impalcature”.

Sì, ascolto ed amo la musica ed alcuni brani perché mi riconnettono a quelle canzoni interiori che ciascun essere umano sente proprie in relazione a rigenerata energia, frutto di somiglianze e immaginazione avulse da retro od ulteriori interessi tipici dell’oberante progettare e lavorare. Alcuni ritmi e testi regalano la pace e testimoniano che nell’esistenza una è la ricchezza, cioè la serenità dell’animo che non abbisogna d’altro da se stesso …Eppure, quanti siamo arrivati ad un grado di condizionamento che sovente scambia il falso benessere materiale e illusorio riconoscimento (basato sul seguito e prestigio) per tutela, quando al contrario esso è letale qual virus crudele e, spietatamente, neppure del corpo mortale? Spossati nell’entusiamo, difatti, trascinarsi è peggio: è la morte della polvere di fata dell’imo.

Giulia Quaranta Provenzano