Recentemente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano terminava una complessa e articolata attività di indagine a carico di 7 persone, D.Q. di anni 54, F.S. di anni 52, M.R. di anni 36, F.M.M. di anni 33, R.D. di anni 30, A.S. di anni 29 e S.B. di anni  22,  tutti cittadini italiani abitanti nel relativo hinterland.

I medesimi erano ritenuti responsabili in concorso fra loro con il vincolo della continuazione dei reati di estorsione, truffa aggravata e falsità materiale commessi un paio di anni prima ai danni di anziani prelati che prestavano la loro opera in varie Regioni, Piemonte, Lombardia, Liguria e Friuli Venezia Giulia, riuscendo ad impossessarsi, in circa 6 mesi, di un importo superiore ad € 170.000,00.


L’indagine traeva origine dalla denuncia formalizzata presso il Commissariato di P.S. di Casale Monferrato da un parroco della città il quale riferiva che qualche mese prima era stato contattato telefonicamente dal sedicente R.D. che si qualificava come Avvocato associato ad uno studio milanese.

Nel corso della conversazione l’interlocutore riferiva che il contatto era dovuto ad una questione giuridica relativa ad un paventato insoluto in abbonamento, del valore di circa 10.000,00 € e che, ove il sacerdote non avesse provveduto al saldo avrebbe subito ritorsioni legali e, soprattutto, sarebbe incorso nel rischio che la sua reputazione venisse infangata nel comprensorio casalese, tramite pubblicazione di articoli su testate giornalistiche ed organi di stampa.

Spaventato da tale “minaccia”, il prelato, seppur non incorresse in posizioni debitorie di alcun genere, ottemperava a quanto richiesto pagando la somma tramite bonifico bancario ma il sedicente avvocato non pago, producendo documenti contraffatti ad “arte”, assolutamente similari a quelli reali, formalmente provenienti dallo Studio legale, dal Tribunale di Milano o dall’Ente Tesoreria dello Stato, nei mesi seguenti, ipotizzando altre violazioni e/o necessità di adempiere ad integrazioni per la soddisfazione delle richieste economiche, continuava ad esigere ulteriori dazioni di denaro che il sacerdote si trovava costretto a soddisfare eseguendo decine di bonifici bancari, ad IBAN via via diversi forniti dal malvivente.

Dopo diverso tempo, economicamente prosciugato e disperato per la situazione creatasi, si recava presso questi uffici per segnalare l’accaduto.

I poliziotti della Squadra Investigativa eseguivano i primi accertamenti constatando come ovvio che sia le coordinate bancarie dei conti su cui confluiva il denaro che le utenze telefoniche utilizzate per i contatti erano “mascherate” e non riconducibili al sedicente R.D. che fra l’altro risultava inesistente.

Per tale motivo aveva origine una copiosa attività investigativa, svolta di iniziativa e su delega della Procura della Repubblica di Vercelli che coordinava le indagini, sia sul “campo”, tramite ricerche e pedinamenti nel capoluogo lombardo, che telematiche mediante l’utilizzo di sofisticate apparecchiature.

Grazie anche allo scambio di informazioni con altri uffici della Polizia di Stato, tramite l’ incrocio dei dati reperiti si riusciva ad identificare uno dei componenti del sodalizio criminale che, al termine delle investigazioni si accertava essere il vertice della banda, corrispondente al D.Q., pluripregiudicato sia per reati analoghi che per altri di genere.

Lo stesso, coadiuvato da F.S., suo “braccio destro”, entrambi specializzati per condotte criminali che vedevano PP.OO. esclusivamente membri del clero, coordinava un gruppo di soggetti che corrispondevano alle c.d. “teste di legno”, le quali, per una percentuale di partecipazione agli introiti incamerati, attivavano c/c presso varie filiali bancarie, associandovi carte di credito per lo più prepagate di cui fornivano i codici e le psw di attivazione ai predetti.

Giova precisare che fra tali membri di secondo piano vi era effettivamente anche R.D. che però, ovviamente aveva generalità e dati anagrafici diversi.

Le operazioni di accredito e l’istantaneo prelievo del denaro via via indebitamente ricevuto, avvenivano sempre per via telematica al fine di rendere difficilmente identificabili i responsabili; nonostante ciò gli investigatori riuscivano a reperire alcuni riscontri acquisendo sia le loro effigi che, tramite triangolazione dei luoghi in cui erano radicati gli sportelli bancari, anche i luoghi di effettivo domicilio, difformi dalle rispettive residenze, dei due “capi” del sodalizio criminale.

Tramite attività tecnica si acquisivano poi anche ulteriori elementi probatori tanto che, in esecuzione di decreti di perquisizione emessi dall’A.G. competente, venivano eseguite 7 perquisizioni domiciliari congiunte, presso le abitazioni dei rispettivi componenti della banda.

In tutte si trovavano e sequestravano alcuni dei timbri impiegati per la produzione degli atti contraffati, documenti, titoli di credito, apparati telefonici e altro materiale che risultava utile alle indagini avvalorando l’impianto investigativo rappresentato; fra l’altro, in due di esse era anche rinvenuta una discreta quantità di droga, sia del tipo cocaina che del tipo marijuana che, con la collaborazione di uffici di Polizia del territorio veniva sequestrata dando origine ad altro procedimento penale.

Successivamente agli atti di P.G. venivano altresì sequestrati nr. 9 c/c e relative carte abbinate.

Poiché, a seguito della capillare attività investigativa, oltre alla P.O. dimorante in città, erano individuati altri 6 sacerdoti residenti in altre Regioni, potenziali vittime del sodalizio criminale, dopo aver riferito i risultati ottenuti al P.M. titolare delle indagini, il P.P. veniva trasferito per competenza territoriale a Milano e l’A.G. del capoluogo lombardo delegava ulteriori indagini volte ad accertare quanto ipotizzato.

I poliziotti analizzavano sia i documenti cartacei sequestrati che diverso materiale informatico, acquisito o prodotto nel corso dei mesi di indagine ed ottenevano dei validi riscontri a carico di alcuni dei membri della “banda” effettuando anche comparazioni calligrafiche, verifiche incrociate dei toni vocali registrati tramite le conversazioni voce e  quelle dal vivo, trovando piena conferma a quanto rappresentato all’A.G..

Al termine delle indagini si acclarava pertanto che il gruppo aveva lucrato la somma di denaro indicata in precedenza, ponendo in essere attività estorsiva o di natura truffaldina ai danni di nr. 7 sacerdoti, ottenendo il pagamento di decine di bonifici bancari