In questo nostro appuntamento settimanale, il focus sulle performance dei mercati finanziari e sui fattori che hanno influenzato tali risultati. In seconda battuta ci concentreremo sul tema della diversificazione.

Settimana in negativo per i mercati azionari, in particolare Europa, Italia e America (Indice EURO, azionari MSCI EURO -4,7%; Indice ITA, azionari FTSE MIB -3,4%; Indice USA, azionari S&P500 -2,3%) Ciò perché, soprattutto, ha pesato il timore di una nuova recrudescenza di tese relazioni tra Stati Uniti e Cina. Paura tuttavia pure del fatto che la riapertura delle attività economiche post lowdown possa comportare una preoccupante ripresa del Coronavirus.


Gli Stati Uniti comunque confermano la loro forza relativa, specialmente in quanto guidati dai titoli tecnologici. Vediamo infatti, per esempio, l’indice Nasdaq – che ha il detto settore molto rappresentato al suo interno – ottenere da inizio anno le migliori performance.

Per quanto riguarda l’azionario europeo ha mostrato maggiore debolezza, di quello americano, condizionato di sicuro dai dati macro con forti meno e dalle trimestrali delle società quotate. La tematica delle trimestrali però è trasversale poiché sia in Europa che negli USA i dati sono stati pesantemente rivisti a ribasso, come altresì le stime per il 2020.

Leggero segno meno per le obbligazioni, sebbene la tenuta sia stata forte (Indice EURO, obbligazionari HIGH YIELD -0,6%). E notiamo l’Indice EURO, obbligazionari CORPORATE -0,6% derivante dall’aiuto delle autorità monetarie che stanno acquistando titoli corporate proprio per sostenere i mercati finanziari.

Buone notizie per i titoli governativi italiani e americani, i primi che ritornano in territorio positivo (Indice ITALIA, obbligazionari GOVERNATIVI +0,3%;Indice USA, obbligazionari GOVERNATIVI -0,4%). Bene dal settore delle commodities, ispècie perché continua il rimbalzo dell’oro e la ripresa, per la seconda settimana consecutiva, del prezzo del petrolio in virtù delle attese di ritorno alle attività dopo il lockdown (commodities ORO +2,4% perf. ultima settimana, +14,9% perf. da inizio anno; commodities PETROLIO WTI +19,0% perf. ultima settimana, -51,8% perf. da inizio anno). Questo grazie, tanto, ai numeri positivi della produzione industriale cinese di aprile – la Cina è difatti uno dei più grandi consumatori sia di petrolio che di commodities in generale.

Il mood del mercato è poi cambiato in meglio dal 18/05 con l’annuncio da parte di Macron e Merkel di un piano da 500 miliardi per ricostruire l’Europa. L’iniziativa è fondamentale visto che senza l’accordo tra Francia e Germania non ci potrà mai essere un accordo a livello europeo.

Si era già parlato lungamente del Recovery Fund, che inizia oggi a prendere forma benché non sappiamo ancora i dettagli. Il piano trasmetterà risorse soprattutto ai settori e alle regioni più colpite ed esse saranno erogate nella forma di finanziamenti a fondo perduto, in favore dell’idea di Italia e Spagna che hanno subito applaudito ed invece meno in favore di quelle che erano le posizioni dei Paesi del Nord. Tale piano si inquadra all’interno di uno più ampio, che vuole sovranità sanitaria europea e recupero dell’economica della zona Euro.

Andiamo adesso a sviscerare gli indicatori macro economici della scorsa settimana. La produzione industriale dell’Eurozona 13/05 si è contratta dell’11,3% m/m a marzo, dopo il -0,1% m/m di febbraio. La produzione di beni durevoli è calata del -26,3%, quella dell’energia del -4,0%. Tra i singoli Stati, l’Italia ha subito la contrazione più severa (-28,4% m/m), seguita da Francia (-16,4% m/m). A livello annuale, la variazione è stata del -12,9% a/a dal precedente -2,2%.

All’opposto abbiamo la produzione industriale in Cina 15/5 che ha sorpreso in netto miglioramento, crescendo del 3,9% a/a ad aprile (a marzo la rilevazione aveva mostrato una diminuzione del -1,1% a/a). La rilevazione superiore alle attese è un segno della resilienza dell’economia cinese e della sua velocità di recupero successiva alla riapertura dell’attività produttiva. Ciò ci fa ben sperare in quanto è come se la Cina fosse un mese avanti rispetto a USA e zona Euro, perché è entrata in fermo a gennaio.

Negli Stati Uniti le vendite al dettaglio 15/5 sono ulteriormente crollate ad aprile, riducendosi del -16,4% m/m, dopo il calo del -8,3% m/m di marzo. Nonostante l’aumento dell’8,4% m/m nel segmento delle vendite online, il dato si è assai contratto per via della caduta dei volumi di negozi di elettronica (-60% m/m) e di abbigliamento (-79% m/m); la produzione industriale è calata del -11,2% m/m, lievemente migliore delle aspettative del -11,5%, dopo il -4,5% di marzo.

Poniamo ora una lente d’ingrandimento sui principali Market Movers. Il Pil giapponese 1Q 2020 – 1° lettura 18/5 è crollato del -3,4% a/a, la seconda contrazione trimestrale consecutiva (dopo il -7,3% del IVQ 2019), segnale di una recessione tecnica in atto. I consumi privati sono calati del -0,7% a/a, le spese in conto capitale delle aziende sono diminuite del -0,5%a/a.

L’indice ZEW in Germania 19/05 dovrebbe leggermente migliorare a maggio, attestandosi a 33,5 punti, dopo il crollo di marzo e il recupero di aprile (28,2 punti). L’allentamento delle misure restrittive iniziate ad aprile presumibilmente darà un supporto anche alla situazione corrente, in aumento a -87,8 punti dai precedenti -91,5.

Il PMI manifatturiero degli Stati Uniti 21/5 si pensa recupererà anch’esso a maggio a 37,8 punti, dopo i 36,1 di aprile, qual indicatore del fatto che il livello minimo del dato dovrebbe essere stato toccato il mese scorso. Allo stesso modo, pure il PMI dei servizi è atteso in miglioramento a 30,0 punti (dai 26,7 del mese precedente).

Infine perfino il PMI manifatturiero europeo 22/05 di maggio è atteso recuperare a 38,0 punti dai 33,4 di aprile. Le minori misure di contenimento ci si aspetta ridaranno spinta al dato, quantunque un recupero dei livelli pre-Covid 19 sembrano ancora lontani. A livello di servizi, il PMI fattibilmente raddoppierà a 25,0 punti, dopo il gravoso crollo di aprile.

In conclusione dedichiamo la nostra attenzione alla tematica, accennata in esordio, della diversificazione. La diversificazione è un elemento fondamentale per raggiungere obiettivi finanziari di lungo termine ed è il concetto che esprime al meglio il detto “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”. Dovrebbe essere la regola d’oro di ogni investitore, allorché gestire l’intera totalità degli averi in un solo titolo, in un’unica asset class, può rivelarsi rischiosissimo sia per azioni che per obbligazioni.

Una delle migliori maniere per conseguire rendimenti stabili consiste dunque nella ripartizione del proprio patrimonio in più classi di attivi che non siano perfettamente correlati tra di loro così da ridurre e controllare il rischio, ovvero ripartire il proprio capitale in varie tipologie di investimenti. Difatti una potenziale performance negativa di uno strumento finanziario di una classe di attività può essere controbilanciato dai risultati positivi di un’altra asset class o altro titolo presente in portafoglio. Azioni ed obbligazioni di norma non sempre reagiscono ugualmente a fasi negative di mercato, ma possono tendere a muoversi in direzioni antitetiche.

Alcuni esempi di diversificazione sono: la classe di investimento – la forma più semplice di diversificazione è quella che suddivide il capitale tra azioni, obbligazioni, liquidità, immobili, materie prime; il Paese – investire in più Paesi e zone geografiche in mercati internazionali significa non esporre i propri investimenti alle sorti di un unico mercato; i settori – investire in un’ampia selezione di settori quali energia, servizi finanziari, industria, telecomunicazioni, utility ecc.; lo stile d’investimento – trovando il giusto equilibrio fra strumenti che puntano su società orientate alle opportunità di crescita e altri che prediligono i titoli più stabili; l’orizzonte temporale degli strumenti selezionati e le modalità in cui si decide di investire in codesti strumenti.

In aggiunta è da tenere a mente che ogni investitore affronta due tipi di rischio, vale a dire un rischio specifico connesso ad eventi societari o settoriali e un rischio sistematico legato all’andamento del mercato nel suo complesso. L’insieme di queste due componenti dà il rischio totale che costui deve sopportare. 

Se ne deduce perciò che il rischio sistematico non è eliminabile con la diversificazione, perché collegato a variazioni generali di mercato e le cui cause sono da individuarsi nell’instabilità politica, guerre, tassi di interesse, tassi di inflazione, rischi valutari ed epidemie. È una tipologia di rischio non specifico ad una particolare azienda o industria, che non può essere annullato né ridotto diversificando e gli investitori debbono quindi accettare. 

Il rischio specifico invece può essere opportunamente ridotto con adeguate tecniche di diversificazione. È un rischio diversificabile, noto come rischio non sistematico ed è specifico per una singola industria, Paese, economia. In questo caso ecco che la diversificazione aiuta molto poiché investire in diverse attività vuol dire non venir influenzati dagli stessi eventi di mercato. Il concetto di diversificazione non garantisce tuttavia in assoluto la possibilità di evitare perdite nel breve periodo, piuttosto è doveroso ricordare che è un elemento fondamentale per raggiungere soddisfazioni finanziarie a lungo termine.

Giulia Quaranta Provenzano