Tortona è davvero viva? Cosa fanno commercianti e operatori per incentivare il turismo per le persone che arrivano da fuori? La domanda è d’obbligo dopo la “disavventura” che ci è stata raccontata da un lettore.

L’autore della lettera che pubblichiamo di seguito, è un personaggio molto stimato e conosciuto a Tortona e, proprio per la posizione che occupa, anche per non danneggiare l’ente in cui lavora e per altri motivi che non siamo tenuti a spiegare, ha deciso di non apparire pubblicamente, però, visto anche l’autorità che riveste, non abbiamo dubbi sulla veridicità di quanto ci racconta.


Un episodio quello vissuto dal nostro lettore che apre forti interrogativi sul fatto se realmente Tortona sia una città viva e su come certi operatori (che spesso sono i primi a lamentarsi) sembrano fare poco o nulla per incentivare l’afflusso turistico in città.

La foto che pubblichiamo è provocatoriamente desolante ed è quello che non vorremmo mai vedere in città così come non vorremmo mai sentire racconti come quello che segue.

Egregio direttore,

Scrivo a lei ed al suo quotidiano per la grande attenzione dimostrata da sempre sull’argomento.

Oggi, sabato 8 febbraio ho vissuto una esperienza mortificante.

Nell’ospitare con molto piacere un amico milanese, che non conosceva Tortona, non ho trovato un locale ristorante aperto a mezzogiorno di sabato nel centro storico per il pranzo.

Dopo essermi imbattuto piacevolmente nelle preparazione a casa di un risotto ai funghi del nostro territorio, lo invito a fare quattro passi in centro per prendere un caffè. Ebbene a fatica ne ho trovato uno che ha fatto onore all’ospitalità. Tutti chiusi. E intanto notavo negli occhi del mio amico un senso smarrimento e di interrogazione.

Abbiamo pensato quindi di andare a far visita a San Luigi Orione. Ebbene trovato chiuso anche lì per pausa pranzo e con orario di apertura alle 14:30, e nemmeno quello rispettato.

Accompagnatolo fino in autostrada ho pensato di permettermi lo sfizio di passare dalla concessionaria Porsche, pensando che stessero lì ad aspettare qualcuno interessato al loro prodotto. E anche lì trovo chiuso. Il sabato aperti solo fino a mezzogiorno e domenica chiuso tutto il giorno.

E allora ho pensato di tornarmene a casa e mettermi sul divano davanti al televisore e vivere il mio sabato da tipico tortonese senza nulla a pretendere. Solo il bisogno di condividerlo.

Se questa è la Tortona viva che vogliamo, allora ho molto da dubitare. Ed ho un certo senso di dolore nell’ammetterlo a me stesso, oltre che a non poterlo nascondere al mio ospite.

Qualcuno che guarda il mondo in maniera globalizzata descrive alcune parti di questo come popolo di affamati. Pronti a sopraffarci.

Fortunatamente non siamo noi in questo contesto. Ma dobbiamo pur riflettere. Molto!

Trent’anni fa, quando conobbi Tortona per la prima volta, sono rimasto impressionato da due cose: il numero delle banche presenti in città, a dimostrare la ricchezza del territorio, ed il non aver potuto comprare un abito solo perché in procinto dell’orario di chiusura del negozio.
Lei conosce il mio nome ma mi piacerebbe firmarla solamente così

Un tortonese imbarazzato e anche addolorato