Nel libro “Storie” di Angelo Bottiroli possiamo trovare l’applicazione pratica, attraverso gli esempi offerti dai protagonisti dei racconti, della filosofia di vita che l’autore ha espresso in modo più esplicito nel primo libro da lui pubblicato “Le tre scelte della vita”, incentrato sostanzialmente su una riflessione relativa a cosa ci fa felici nella vita e a come possiamo vivere appieno la nostra esistenza.

In quel primo lavoro le considerazioni dell’autore si esprimevano attraverso le riflessioni di un giornalista di cronaca e in forma più affine al saggio; in questo volume esse sono sottese alle storie dei diversi personaggi che compongono un mosaico di tipi e casi umani credibili, mediamente ben costruiti e tutti, come dichiarato dall’autore stesso nella prefazione, assolutamente modellati su persone reali.

Quindi Bottiroli attinge ancora alla sua esperienza di giornalista ma la rielabora utilizzando il genere del racconto breve; esso ben si presta ad esemplificare concetti e a dispensare consigli che appaiono più credibili perché messi alla prova da situazioni di vita concrete.

Nel cimentarsi con questa modalità narrativa l’autore risulta efficace, probabilmente perché la brevità e concisione che lo caratterizzano sono doti che il giornalista Bottiroli possiede in quanto intrinseche alla sua attività di cronista.


La forma del racconto è congeniale all’autore e gli permette di centrare quasi sempre l’obiettivo di coniugare il suo intento didascalico con un intreccio che tenga desta la curiosità del lettore e gli fornisca dei personaggi con cui sviluppare empatia.

 L’unità del lavoro è data dall’idea apprezzabile di inserire i racconti in un framework rappresentato dal personaggio del reporter Ricky, in parte alter ego dell’autore, che apre e chiude la raccolta con un prologo e un epilogo a lui dedicati e collega le varie storie per il fatto di appartenere tutte alle esperienze di vita da lui raccontate nella trasmissione televisiva “Le storie di Ricky” di una immaginaria TV locale.

Nel presentare alcune tra le vicende più significative che Ricky ha raccolto per la sua trasmissione, l’autore sceglie di classificarle in categorie che sono per lui le chiavi di lettura della nostra esperienza di vita, nell’intento di aiutare il lettore a percorrere un processo di crescita interiore che dovrebbe portarlo a migliorarsi riflettendo sulla propria esistenza.

La preoccupazione di essere d’aiuto agli altri con il proprio lavoro di scrittura, emergeva già nel primo libro di Bottiroli ed è radicata nell’etica professionale e umana dell’autore.

Ricky fa da filo conduttore del libro non solo perché esplicitamente si assume la paternità delle storie che ci riferisce, ma anche perché talora fa capolino nelle storie come testimone diretto o vi compare come co-protagonista.

Egli assume il ruolo di narratore omodiegetico, ma talora sembra essere onnisciente e in grado di vedere le motivazioni profonde dei personaggi; il suo è il punto di vista prevalente attraverso cui i protagonisti delle storie sono presentati, tranne che nell’ultimo racconto, quello che lo riguarda e che propone il finale della sua storia personale narrata in terza persona e proietta il lettore in una prospettiva futura.

Nel libro emerge un messaggio di fondo: sostanzialmente ciò che conta, non è necessariamente il risultato finale, bensì il fatto di aver provato a vivere veramente, cioè di essersi chiesti cosa fare della nostra vita e di aver cercato di viverla invece di lasciarci vivere passivamente dagli eventi.

Un aspetto interessante, e non facile da gestire anche se Bottiroli ha avuto il coraggio di provarci, è la collocazione temporale degli eventi. Il presente della narrazione è infatti situato in un futuro prossimo che da alcuni dati forniti dal narratore sembrerebbe essere il 2026; ma le storie oscillano tra l’epoca contemporanea al momento in cui sono raccolte da Ricky, e a cui fanno riferimento alcuni dei loro protagonisti, e il passato anche remoto in cui sono collocate le vicende e alcuni aspetti della vita dei personaggi.

Nella storia di Ricky si va oltre il rifermento temporale del 2026, che rappresenta la collocazione sincronica del momento in cui Ricky riferisce al lettore, per proiettare la narrazione nel 2037.

Nel considerare il lavoro di Bottiroli nel suo insieme si può constatare che l’autore si è sforzato di coniugare il bisogno di condividere le sue riflessioni sulla vita con il tentativo di trasporle in modo originale in un’opera di narrativa che risulta coerente nello stile e piacevole nella lettura.

Si sottolinea anche il lavoro di autocritica che l’autore fa verso se stesso e il tentativo di rielaborare il suo vissuto e le sue esperienze  con obiettività e onestà mettendosi in gioco in prima persona non solo nel costruire il personaggio di Ricky ma anche  con altri riferimenti relativi alla sua personalità presenti nelle varie storie.

Giovanna Franzin