Il problema non è nuovo, ma di recente sembra essersi dilatato a macchia d’olio. Parliamo dei mendicanti che si stravaccano davanti all’ingresso delle chiese chiedendo l’elemosina e spesso ostruendo il passaggio ai fedeli.

Uno spettacolo indegno della nostra civiltà e non bello a vedersi perché ci sono modi e modi per chiedere l’elemosina ai passanti senza infastidirli.


Il Comune non interviene per delicatezza nei confronti della chiesa e quest’ultima non lo fa perché ideologicamente un sacerdote che allontana un povero……

Il risultato è che sempre più spesso le nostre chiese pullulano agli ingressi di ogni genere di mendicanti e nessuno dice nulla.

Ecco perché siamo stati molto contenti della lettera che abbiamo ricevuto dall’ avvocato Francesca Amato, che pubblichiamo di seguito, e che narra di un episodio avvenuto domenica scorsa nel Duomo di Tortona.

Gentile Redazione e gentili Lettori,

la scorsa domenica, all’orario delle funzioni, stazionava innanzi all’ingresso del Duomo di Tortona un giovane immigrato africano il quale bivaccava, perdonino il neologismo, “svaccato” innazi al passaggio, costringendo i fedeli ad aggirarlo per entrare in chiesa.

Domando se altri tra loro lo abbiano notato e, soprattutto, se altri tra noi siano disposti a richiamare queste persone ad un atteggiamento più composto e, prima di ogni altra cosa, più rispettoso della nostra città, della nostra piazza, rappresentativa sin dall’Età medievale dell’aggregazione e dello scambio e del nostro Duomo, luogo di culto per alcuni e, comunque, rappresentativo di valori condivisi dalla nostra società e, pertanto, non profanabile da chicchessia.

Converranno anche i più scettici che sdraiarsi scompostamente su di una panchina ai giardini sia differente rispetto all’ingresso di un palazzo amministrativo, o di un luogo di culto o di un negozio e che, in ogni caso, nessuno di noi vorrebbe trovare l’ingresso della propria casa bloccato da uno sconosciuto che con atto sprezzante lo occupa, incurante di recare offesa a chi in quella casa da sempre vive, in attesa di quell’elemosina garantita e pianificata sin da prima di sbarcare in Italia.

Sul punto di aprire una straripante, quanto soggettiva, analisi sulla questione, mi taccio e concludo con due osservazioni.
La prima: all’uscita della Messa il giovane ha evitato la mia protesta facendosi trovare in posa più composta. Qualcun altro è passato prima di me?… O vogliamo dire che si sarà fatto in cuor suo due riflessioni sulla Piazza medievale e sui luoghi di culto dell’Occidente?

La seconda osservazione: l’immigrato diventa persona integrata quando qualcuno di noi conosce il suo nome, identificandolo con esso e non più come africano; indiano; peruviano… diventa persona integrata quando anche i suoi figli frequentano le stesse scuole dei nostri e sono invitati alle festicciole dei nostri bambini; quando ci fermiamo a fare due chiacchiere di piacere con loro, o instauriamo un rapporto di lavoro equo e non di sfruttamento… l’integrazione è un percorso soggettivo che percorrerà ciascuna delle persone che arrivano e non può essere un percorso di massa.

Tutto il resto è demagogia, liberi tutti di avere le proprie idee, ma quale che sia il pensiero di ciascuno di noi, resta il dovere da parte di tutti di non buttare lo sguardo altrove, poichè significherebbe buttare anche le nostre cose.

Soffermiamoci laddove vediamo qualcuno che oltraggia la nostra città o la nostra cultura ed i nostri valori, poichè la parola integrazione non debba tradursi mai in sinonimo della parola invasione.

Avvocato Francesca Amato