Chi è Massimo Mangiapelo lo abbiamo scritto domenica in QUESTO ARTICOLO oggi invece vogliamo capire perché ha scelto di fare ciò che fa.

Massimo, una vicenda come quella della tua famiglia non si augura a nessuno. Eppure hai scelto di divulgare la storia di Federica in ogni modo. Perché?

Quello che è accaduto ti cambia la vita in un attimo. Scompiglia le carte, i progetti, la routine quotidiana. Ti trovi catapultato in qualcosa di surreale, che fino a un momento prima pensavi non potesse mai capitare a te e alla tua famiglia. Per questo porto avanti la storia di Federica, perché quanto è accaduto non sia solo il ricordo di un dolore, quello c’è e rimarrà per sempre, quanto la vita stessa di Federica che in un certo modo continua.

Cosa vi ha aiutato a vivere quei momenti e cosa invece ha rappresentato un ostacolo?

La nostra famiglia deve molto sia alle forze dell’ordine, che hanno svolto le indagini in maniera encomiabile, effettuando una ricostruzione più che accurata e minuziosa di quello che poteva essere accaduto quella sera, sia agli avvocati che hanno portato avanti per noi e insieme a noi la ferma determinazione di giungere alla verità dei fatti. Il primo reperto di autopsia parlava di decesso per miocardite, una malattia di cui Federica non aveva mai accusato sintomi, quindi una causa di morte naturale, aspetto che vanificava la ricostruzione effettuata dai Carabinieri, che invece avevano dei motivi per indagare in una certa direzione. Sospetti che poi, con la riapertura del caso, sono stati suffragati.

Come avete ottenuto la riapertura del caso?

La nostra ostinazione riuscì a convincere gli inquirenti a non chiudere l’inchiesta e a procedere a nuovi accertamenti. Non ci siamo mai rassegnati alla spiegazione della morte per miocardite, non ne eravamo convinti. Abbiamo chiesto una consulenza medica approfondita La perizia pneumologica in sede di incidente probatorio stabilì che Federica era morta per annegamento e non per arresto cardiaco, la miocardite è stata una concausa. A quel punto il decesso diventava compatibile con un assassinio, come sostenne il pneumologo Cesare Fiorani: la ragazza è annegata probabilmente dopo l’ennesima furiosa lite con il giovane ed eventuali problemi al cuore, di fronte a questa evidenza, diventavano irrilevanti.

Il circo mediatico in certi contesti ci sguazza…

Non ci si può rendere conto fino in fondo di quanto sia vero, se non lo si vive. Certi giornalisti hanno tentato di strumentalizzare i termini da me accuratamente dosati e pesati nel comunicato stampa uscito a nome della famiglia solo per creare e montare lo scoop. Un aspetto avvilente di una professione che pare non da tutti intesa e svolta con la correttezza dovuta, oltre alla delicatezza dovuta per rispetto di quanto stavamo vivendo.

Sei diventato divulgatore di un messaggio importante. Raccontalo brevemente ai nostri lettori.

Innanzi tutto la mia famiglia prova dolore e amarezza per lo sconto di pena che è stato concesso a Di Muro in appello e confermato in Cassazione. Oltre un disagio per l’inadeguatezza del rito abbreviato concesso nei casi di omicidio e in particolare di femminicidio. Sono episodi che ledono tutte le donne vittime di violenza. E proprio questa vuole essere la mia battaglia attraverso la divulgazione: contro questa violenza lotto da anni, girando l’Italia per convegni, presentando la storia di Federica anche nelle scuole, sensibilizzando a tutti i livelli su questo crescente fenomeno malsano. I ragazzi seguono con grande interesse e partecipazione questi incontri, questo mi rende sempre più convinto di essere sulla buona strada in ciò che sto facendo. Il vero scopo del mio libro e di questa attività vuole essere quello di raccontare i sentimenti di chi ha vissuto la tragedia: quello che abbiamo vissuto come famiglia, i racconti degli amici, la voce della comunità di Anguillara Sabazia che si è stretta intorno a noi. Nel libro ho inoltre voluto inserire tante fotografie inedite di Federica: sono scatti realizzati pochi giorni prima della sua scomparsa, che lei nemmeno ha mai potuto vedere. La voglio portare in giro così, sorridente, solare e bella, come in quelle ultime immagini.

Intervista a cura di Annamaria Agosti