Quella che raccontiamo è una vicenda che ha dell’incredibile e non abbiamo dubbi che la protagonista, Elena Piccinini, abbia raccontato la verità.

Primo perché ci mette la faccia, cioé nome e cognome, secondo perché proprio Elena Piccinini è stata fondatrice – alcuni anni fa – del Comitato per salvare l’ospedale di Tortona, quindi, ci tiene alla presenza di un’ospedale efficiente a Tortona e non avrebbe alcun motivo per inventarsi storie non vere.

La storia è un po’ lunga ma merita di essere letta perché spiega cosa succede a Tortona con l’ospedale che i politici ci hanno lasciato.

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Lunedì 30 luglio mi recavo presso il Pronto Soccorso di Tortona accompagnando mia figlia di 14 anni per un infortunio al piede.

Orario di accesso 14:30.
Pronto Soccorso semideserto.
Mia figlia viene immediatamente visitata dal medico in Pronto Soccorso e inviata a fare le radiografie.
Alle 14:50 venivamo accompagnate presso l’ambulatorio ortopedico. L infermiere ci stava facendo entrare nello studio medico ma l’ortopedico all’interno dice di aspettare fuori.
La porta rimane aperta e vedo il medico lavorare al computer. Non do giudizi in merito in quanto non posso sapere esattamente cosa stesse facendo, anche al pc poteva benissimo svolgere un compito urgente, magari più urgente di visitare una paziente. Dopo un po’ chiama l’infermiere e ci fa riportare nella sala d’aspetto del pronto soccorso.
Aspettiamo una decina di minuti. Non vedendo arrivare nessuno chiedo informazione all’infermiere dell’accettazione. Mi dice che l’ortopedico ha finito il turno alle 15:00 ed è andato via. Dobbiamo aspettare l’arrivo del medico reperibile.
Il tempo passa. Ogni tanto chiedo informazioni.
Ogni volta ricevo risposte vaghe e contradditorie. Mi prospettano anche l’ipotesi che se il medico non dovesse riuscire a venire, al limite devo ritornare il giorno successivo.
Io dico che devono dirmi subito esattamente se arriva oppure no, non ho intenzione di passare il pomeriggio li per poi tornare l’indomani, se devo tornare me lo devono dire subito così non aspetto invano.
Arriva una seconda infermiera, mi assicura che il medico sta arrivando.
Le scuse sono varie e cambiano a seconda dell’infermiere con cui parlo: “l’abbiamo chiamato a casa, sta arrivando, sta visitando i pazienti in reparto appena finisce scende, non siamo ancora riusciti a contattarlo, sta arrivando, arriva fra un paio d’ore….”
Nel mentre si fanno le 18:30. A quel punto telefono all’ospedale di Varzi, spiego la situazione e chiedo se posso portare lì mia figlia e se possono visitarla subito oppure se c’è la possibilità che debba tornare il giorno seguente, informazioni che chiedo giusto per non fare la strada invano.
Mi dicono di andare subito che non ci sono problemi ma di portare le radiografie per non fargliele una seconda volta.
Quindi chiedo all’infermiere del pronto soccorso di darmi le radiografie che avrei portato mia figlia altrove.
Non me le dà in quanto devo prima firmare un foglio dove dichiaro di “rinunciare di mia volontà alle cure”.
Io mi rifiuto: non sono io che rinuncio alle cure, è l’ospedale che dopo quasi 4 ore non si è ancora preso cura di mia figlia, è il medico che non si è ancora presentato a prestare le cure necessarie.
Durante questa discussione arriva un’infermiera che ci informa che il medico è arrivato. Ci portano in reparto ortopedia (sono le 19:00). Il medico, che è il primario del reparto di ortopedia, si scusa dicendo che sono sotto organico.
Orario dimissioni: 19:20. Quasi 5 ore per una distorsione alla caviglia, in un pomeriggio in cui il pronto soccorso era semideserto e in tutto questo tempo non sono arrivate persone con problemi piu gravi e urgenti del nostro (calma piatta tutto il giorno).
Questa mattina mi sono recata presso l’Ufficio URP dell’ospedale a sporgere reclamo) nei prossimi giorni dovrebbe essere comunicata una risposta.
Intanto io proseguo informando dell’accaduto anche la dirigenza ASL AL.
Il giorno seguente all’accaduto, alcune mie amiche infermiere mi hanno contattata dandomi la loro “spiegazione”.
Una ha dichiarato che l’unico medico reperibile era il primario ma quel pomeriggio era impegnato in una riunione. Io ritengo che un paziente da visitare presso il pronto soccorso sia più urgente di qualunque riunione, la riunione può essere interrotta e rinviata. Inoltre se era impegnato in una riunione non poteva essere reperibile, avrebbero dovuto dare la reperibilità a un altro.
La seconda che mi ha contattata mi ha detto che l’unico medico reperibile era impegnato in sala operatoria. Se fosse vero gli infermieri del pronto soccorso avrebbero dovuto esserne informati e avrebbero dovuto dirmelo subito.
Forse questa era la scusa più plausibile da dare, in quanto un’operazione può avere una durata non programmabile pertanto dicendo così mi avrebbero “messa a tacere” per tutto il tempo.
Invece nessuno di loro ha mai accennato a sale operatorie o interventi in corso.
Casi simili al mio si verificano ogni giorno. È arrivato il momento che tutti denunciamo questi casi di malasanità.
Di chi è la colpa? Infermieri del Pronto Soccorso? Ortopedico? Dirigenti ASL AL? Scelte politiche sbagliate?
È arrivato il momento che ognuno si prenda le sue responsabilità e paghi per queste situazioni.
È ora di finirla che a farne le spese siano sempre i cittadini. Chi si reca in un ospedale o un pronto soccorso ha il diritto di essere curato e in tempi ragionevoli. Se mentre aspetto ho la sfortuna che arrivano casi più urgenti del mio me ne faccio una ragione, ma non tollero di passare 5 ore in un pronto soccorso deserto solo perché non c’è un medico dispinibile e reperibile.
La colpa può essere dell’ultimo degli infermieri come del più alto dirigente ASL come del politico che ha imposto questi tagli: a me non interessa chi sia, ma il colpevole si deve prendere le sue responsabilità.
Elena Piccinini