Sono passati ormai 21 anni da quel tragico 27 dicembre 1996 quando la “banda dei sassi” uccise sull’A21 Maria Letizia Berdini. All’epoca, le indagini della Polizia Stradale di Alessandria furono determinanti per individuare i responsabili di quel terribile gesto che divenne un caso di cronaca nazionale.

Il tempo e le campagne di sensibilizzazione, nonché gli adeguamenti delle infrastrutture come i divieti di sosta e le reti di protezione sui cavalcavia, non sono bastati per impedire il ripetersi del fenomeno che non trova confini temporali o geografici e spesso risulta prerogativa di giovanissimi.

In provincia di Alessandria erano ormai alcuni anni che la Polstrada, pur a fronte di un’estesa rete autostradale di competenza,   non registrava episodi del genere, fino a domenica 26 febbraio 2017 quando, alle ore 18:00 circa, un autocarro in transito sull’A26 verso Genova, nel transitare sotto un cavalcavia sito alla periferia di Castellazzo Bormida, è stato centrato da un masso.

Per buona sorte dei tre occupanti del mezzo il masso non sfondava completamente il cristallo e solo la prontezza di riflessi ed il sangue freddo del conducente impedivano il verificarsi di un incidente stradale, visto anche il notevole traffico domenicale in transito.

La Squadra di Polizia Giudiziaria della Polizia Stradale di Alessandria ha dato avvio alle indagini sotto il coordinamento della Procura della Repubblica del Tribunale di Alessandria che ha rubricato il reato quale “tentato omicidio”: la Cassazione ha infatti precisato, in casi precedenti, che “il lancio di sassi dal cavalcavia, seppur non diretto, in ipotesi, a colpire singoli autoveicoli, è idoneo, per la non facile avvistabilità degli oggetti che cadono all’improvviso dall’alto o che comunque siano già giunti al suolo sulla carreggiata mentre i conducenti sono intenti ad osservare le macchine che precedono e seguono e per la consistente velocità tenuta generalmente dai conducenti in autostrada, a creare il concreto pericolo di incidenti stradali, anche mortali, al cui verificarsi, quindi, sotto il profilo soggettivo, deve intendersi diretta la volontà dell’agente”.

Le indagini, immediatamente attivate e proseguite per mesi sia con metodi tradizionali alla “Maigret” che con procedure più sofisticate di analisi ed investigazione , sono state indirizzate sui giovani castellazzesi sviscerando frequentazioni, abitudini e profili personali di un gran numero di ragazzi fino ad arrivare ad una comitiva di 15enni che, oltre ad abitare nei pressi del cavalcavia, era stata notata, nei vari servizi di appostamento e pedinamento, frequentare quella località.

In esito agli esami dei testimoni ed alle dichiarazioni degli interessati veniva raccolta la confessione dei giovani i quali ammettevano di essere stati sul cavalcavia il 26 febbraio 2017 per passare del tempo oziando e, nel mentre, due di loro avevano lanciato qualche pietra rivenuta al suolo, sui veicoli che transitavano nella sottostante A26 dei trafori.

I due 15enni sono quindi stati segnalati al P.M. inquirente che, data la loro minore età, investirà del caso al Procura minorile.