Se il nome di Marianna de Leyva lascia i più indifferenti o sconcertati, l’attributo con cui la letteratura ha definitivamente classificato questa donna, la Monaca di Monza, richiama in quasi tutte le persone il ricordo di qualcosa di scandaloso ed oscuro.   A restituire dignità umana e giustizia alla controversa “Signora” del monastero di S. Margherita ci hanno pensato i curatori della mostra a lei intitolata, che le classi 2^AA, 2^AE, 2^AM, 2^AR e 2^AS dell’I.I.S. Marconi di Tortona hanno visitato nei giorni 17 e 18 novembre nei rinnovati locali del Serrone della Villa Reale di Monza.

Emblematica rappresentante, a torto o a ragione, di una ampia schiera di femmes fatales consegnate all’immaginario collettivo dalla storia, o, molto più banalmente, dal conservatorismo morale e dalle dicerie popolari, la sfortunata Marianna, divenuta suo malgrado Suor Virginia Maria, si rivela ai visitatori in una sfilata documentativa di rara ricchezza, attraverso la quale si delinea il profilo di una donna fragile eppure volitiva, sensuale ed assetata di vita, ma anche sconvolta dai rimorsi e dal pentimento, vittima delle convenzioni sociali e delle convenienze famigliari, una delle tante sventurate “malmonacate” dell’epoca, simbolo tragicamente moderno di uno stato reale in cui la donna era, e talvolta è ancora, oggetto di scelte forzate, pegno economico, strumento di alleanze e di calcolo.    Il dramma umano della sventurata badessa, reso immortale dalle pagine dei Promessi Sposi, ed immortalato in altri esempi dall’arte, dalla drammaturgia e dal cinema, ha profondamente colpito noi studenti, che, abituati ad una ben diversa concezione della vita e della libertà individuale, non abbiamo potuto evitare una riflessione dolorosa sulla situazione assurda ed angosciante di chi la vita e le proprie aspirazioni  se le vede strappare senza possibilità di appello.

Nel pomeriggio della stessa giornata abbiamo continuato il nostro percorso manzoniano   per le vie di Milano, concludendolo con la visita al bellissimo palazzetto di via Moroni, che fu la residenza, fino al momento della morte, di Alessandro Manzoni.      Suggestivi e carichi di echi, gli oggetti, i cimeli e gli ambienti della casa manzoniana ci hanno in qualche modo restituito il respiro del passato, le emozioni, la partecipazione alla vita intellettuale del tempo e l’impegno civile e morale di un autore che ha reso più bella la lingua italiana e ci ha lasciato pagine di struggente e profonda bellezza.

Martina D’ANNA 2^AR – Amministrazione, Finanza e Marketing