Lunedì 04 aprile, il Teatro Civico di Tortona ha accolto gli studenti delle classi 1^AR, 2^AR e 2^AC, 4^AS, 4^AE e 4^AM dell’I.I.S. ”Marconi-Carbone” per assistere, in anteprima assoluta, allo spettacolo “Ciò che vide il Maggiordomo”, pièce dell’inglese Joe Orton, adattata per la scena tortonese dal regista Massimo Vaccari.

L’azione si svolge nello studio psichiatrico del dott. Prentice, dove due psichiatri, uno dei quali ha il compito di certificare l’alterazione mentale degli altri, si confrontano con strani e folli personaggi: una giovane ed ingenua segretaria, la moglie ninfomane e isterica del primario, un improbabile ispettore sanitario, un goffo fattorino d’albergo e un poliziotto con scarse capacità investigative, il tutto sullo sfondo di situazioni imbarazzanti, tentativi di seduzione, scambi d’identità, aggressioni , inseguimenti e colpi di scena frenetici come quelli di un vaudeville, visti da una prospettiva anomala, come quella di un personaggio privilegiato, il maggiordomo, che spia dal buco della serratura i segreti dei padroni borghesi.

Riprendendo alcuni dei temi ricorrenti della moderna drammaturgia britannica (la paura, la violenza, l’esercizio del potere, la follia, l’omosessualità) Orton, autore quanto mai controverso, anticonformista e trasgressivo, ha l’ardire di svelare la natura folle e bestiale dell’uomo, denunciando l’inesistenza di veri valori nella sociètà contemporanea ed il fatto che le cosiddette regole morali non sono altro che, per dirla con le sue parole, “eroiche illusioni – lusso delle società più ricche”.   Con uno stile assolutamente personale, pungente e dissacrante, l’autore, che molto deve alla lezione di O. Wilde e del Teatro dell’Assurdo francese, diverte lo spettatore rivelandogli qual è la sua visione del mondo, governato dall’incontrollabile sfrenatezza della pulsione sessuale e dall’ipocrisia della società benpensante che si sforza di camuffarla e di sembrare “normale”. Nella mitica Londra degli anni ’60, quella delle prime minigonne e dei Beatles, che sarà anche il teatro della sua morte, tragica e scandalosa, Orton scuote in modo gioiosamente scanzonato e rivoluzionario un mondo oramai “vecchio”, che si ostina a restare aggrappato alle convenzioni ormai decrepite del suo grande passato coloniale e che teme l’irresistibile potere della satira.

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