castelnuovo - IMi è capitato fra le mani in biblioteca e in modo estremamente casuale un libro appena pubblicato da Marcella Serpa e presentato da Carlo Scotti. Un titolo piuttosto vago (“La persistenza della memoria”) che non lascia intuire il contenuto.

L’ho sfogliato, poi ho letto qualche frase qua e là, l’ho ripreso dalla prima pagina e l’ho deposto solo dopo averlo letto interamente.

L’autrice ricostruisce storicamente nei dettagli, tramite la figura di un nipote del personaggio, la vita di Giuseppe Lombardi.

Chi era costui?

Nato nel 1897 a Voghera, poi trasferitosi a Tortona e infine a Pontecurone. Operaio all’Alfa e poi ferroviere.

Aderisce al partito comunista appena creato da Gramsci, viene condannato all’ergastolo dai tribunali fascisti, fugge in Russia, diventa colonnello dell’Armata rossa. Nel 1938 viene accusato di essere una spia fascista che fornisce dati all’Italia sugli armamenti sovietici. Finisce in un gulag da cui uscirà nel 1941 in condizioni disastrose. Imprigionato pochi giorni dopo dai tedeschi che occupano la Bielorussia ove vive, a Borisov, con la moglie e con le figlie. Muore il 15 dicembre 1942 a soli 45 anni.

 

IL 15 MAGGIO 1921 A CASTELNUOVO SCRIVIA



Anni fa scrissi un libretto intitolato TRE TRAGEDIE CASTELNOVESI, dedicato ai 111 giovani spazzati via da una guerra assurda fra il 1915 e il 1918; alle otto donne travolte dal treno; alle vittime della strage del Secco. In realtà il Novecento castelnovese fu caratterizzato anche da una quarta tragedia: la morte di Torti e Suigo. Non ne feci cenno poiché Osvaldo Mussio, nel suo libro “Tra due guerre”, ne aveva già trattato tutti gli aspetti per ben 34 pagine.

 

Il 15 maggio del ’21 ci sono le elezioni politiche, il sindaco socialista Natale Beltrame (falegname), insieme a Gavio, Giglio, Brunetti, Perdomi, Giani, Barbieri invita un gruppetto di tortonesi, che sta facendo il giro dei vari paesi per controllare che nei seggi non vi siano brogli, a ripartire con il camioncino che hanno lasciato in via Garibaldi.

È meglio non aumentare la tensione già assai forte.

I “Figli di nessuno” arrivati da Tortona risalgono sul camioncino che però non parte più. Dalla piazza e da via Torino arrivano frotte di fascisti e all’improvviso dall’incrocio con via Torino vengono esplosi colpi di arma da fuoco. I tortonesi rispondono.

Questione di un minuto e due castelnovesi (Giuseppe Torti e Dino Suigo) sono a terra colpiti a morte. Mussio, sulla base delle testimonianze da lui raccolte, accenna anche a colpi di arma da fuoco sparati lateralmente e non frontalmente.

Fra i tortonesi il famoso Carlo Codevilla che avrà poi, fuggito in Russia, poi in Messico e infine a New York, ruoli importantissimi nelle vicende politiche mondiali. Altri due, dopo la condanna all’ergastolo in contumacia, fuggiranno nell’Unione sovietica. Sono Alessandro Pagani e Giuseppe Lombardi, ossia il protagonista del libro di cui vi sto facendo cenno.

Altri finiranno in carcere sino alla fine dei loro giorni.

I castelnovesi accusati di aver favorito i “Figli di nessuno” verranno prosciolti ma per loro si avvierà un calvario di persecuzioni, di boicottaggio, di insulti, di pestaggi, di minacce notturne, di pistolettate, di isolamento che li porterà all’emigrazione o al suicidio, come nel caso del sindaco Natale Beltrami che si lascerà morire di fame dopo essere stato rinchiuso in manicomio.

Come potete capire, sono rimasto sorpreso nello scoprire questo recentissimo libro che ripercorre ricerche che io ho fatto tanti anni fa e che mi ha portato ad accumulare una notevole mole di materiale documentario, compresa l’ intervista registrata di mia zia Gina che fu presente ai fatti e arrestata. Nulla invece seppi da mio padre (nel libro della Serpa è il bambino undicenne che osserva le sorelle e il padre mentre chiacchierano con i tortonesi in via Roma all’altezza della attuale posta). Lo sconvolgimento che provocò quel fatto nella vita di decine di famiglie castelnovesi aderenti al neonato partito comunista, con la persecuzione e l’emarginazione conseguenti, causò il rifiuto di ricordare quella cappa di piombo che calò loro addosso e soprattutto il timore che qualcuno della famiglia potesse farsi ancora portatore di quegli antichi ideali mettendo a rischio se stesso e chi viveva con lui.

Scusate queste mie annotazioni personali, ma lo scoprire che altri ricordano le terribili conseguenze di quel lontanissimo e piuttosto oscuro scontro politico mi ha commosso; e questo anche perché constato che ormai si sta perdendo la memoria, o meglio la conoscenza (a cui si potrebbe rimediare, vincendo la pigrizia mentale e leggendo ciò che è stato scritto) di ciò che siamo stati.

Antonello Brunetti

 14 maggio 2014