Chi scrive è un auditor ambientale, cioè un ispettore abilitato a verificare organizzazioni certificate ai sensi di norme private quali la UNI EN ISO 14001:2004.

Lo stabilimento Ilva

Lo stabilimento Ilva

Che significa certificarsi? Pensiamo ad un’altra norma , quella della qualità la UNI EN ISO 9001:2008, assai piu’ nota, perché oggi diffusissima nella PM e Grande Impresa. Essa certifica la “qualità”del sistema di gestione lavorativa: ciò significa, erroneamente a quanto molti credono, che la qualità dei prodotti dell’azienda è più elevata degli altri, ma che l’azienda adotta sistemi interni di monitoraggio che controllano l’operato interno, ricercando l’efficienza e la soddisfazione del cliente. Il suo alter ego ambientale (UN EN ISO 14001:2004) si pone l’obiettivo di tenere sotto controllo tutte le possibili interazioni ambientali delle attività svolte, utilizzando obiettivi ambientali per il miglioramento delle prestazioni, quali ad esempio l’adozione di misure di contenimento dei consumi idrici o energetici. La filosofia di lavoro, evidentemente di origine anglosassone, ha una logica molto oggettiva e valuta le possibili ricadute ambientali dell’azienda verificando anche i possibili risparmi economici e parte dall’assunto della conformità legislativa aziendale: quindi un’azienda non a posto con la legge non potrebbe mai neanche pensare di CERTIFICARSI, qua si sta parlando di ECCELLENZA.

La premessa era doverosa per introdurre una riflessione sull’azienda ILVA S.p.A. certificata ai sensi della norma ambientale citata finora, anche per il suo sito di Taranto. Si legge dal sito dell’ILVA S.p.A. : “Lo stabilimento, consapevole dell’ impatto ambientale delle proprie attività, si è dotato di un sistema di gestione ambientale in conformità ai requisiti previsti dalla norma UNI EN ISO 14001, norma per la quale ha ottenuto, nel 2004, la certificazione da parte di un accreditato ente esterno di certificazione.”

Come è possibile che un’azienda che ha creato tutte queste problematiche ambientali sul territorio di Taranto e limitrofo e che ha evidentemente inquinato fortemente l’ambiente, superando quelli che sono i limiti definiti dalla normativa ambientale per numerose matrici ambientali (aria, acqua, suolo, ecc.) sia stata certificata per il TALE SITO INDUSTRIALE?

Se la norma prevede che l’organizzazione sia a posto con la LEGGE per potere intraprendere un percorso di certificazione e quindi si devono rispettare i limiti previsti dalla normativa ambientale, come è possibile che l’ILVA sia stata certificata ambientalmente per tutti questi anni?

Qui scatta la riflessione personale basata su esperienza diretta.

In Italia questi strumenti (certificazioni volontarie) non funzionano in termini di effettivo miglioramento ambientale e in questo fallimento concorrono molteplici fattori:

1 la cultura italiana è lontanissima da quella europea, mira sempre a “FREGARE L’ISTITUZIONE”, agisce spesso con LEGGEREZZA in questo ambito pensando che lo strumento abbia funzione di un BOLLINO.

2 la normativa ambientale italiana è COMPLESSA, CAVILLOSA e POCO PRATICA, , è“CALATA DALL’ALTO, cioè dalle alte menti governative che evidentemente non sanno come è la pratica del lavoro;

3 esistono troppi attori su questa scena e spesso il panorama variegato ha difficoltà di comunicazione che porta a rallentamenti;

4 il controllo della certificazione è demandato a Terzi che sono poi Enti di Certificazione, accreditati a svolgere il lavoro da un organismo che ne valuta la coerenza e competenza. Il mercato influenza fortemente il loro agito (sia nel controllo che nei rapporti contrattuali).

 

Personalmente HO SMESSO QUEST’ATTIVITÀ proprio per l’impossibilità di svolgere il lavoro in maniera coerente e logica, difficilmente in questo momento, infatti, si riesce a portare un cambiamento di mentalità e a realizzare il fine ultimo della certificazione e cioè il miglioramento delle prestazioni ambientali. Se ci sono organizzazioni in grado di lavorare bene (sotto il profilo ambientale), lo si deve alla loro attenzione e alla volontà dei singoli (spesso sono aziende familiari) che sono “illuminati” , aperti al cambiamento e attenti alle regole, non di sicuro al CERTIFICATO PER IL SISTEMA DI GESTIONE AMBEINTALE.

E ANCORA PERCHÉ ABBIAMO BISOGNO DI COSTRUIRE NORME PRIVATE, ISTRUZIONI, PRESCRIZIONI PER FAR RISPETTARE AL MEGLIO. CIOÈ CHE DOVREBBE GIÀ ESSERLO PER LEGGE E BUONA PRATICA?

Dico ciò perché la mia generalizzazione non VUOLE colpire chi opera con coscienza e coerenza, consapevole della forte necessità di agire nella modalità più conforme possibile,

chi come me crede comunque e nonostante tutto nella possibilità di un cambiamento e che questo cambiamento arrivi da noi e dal nostro esempio i primis!

Lettera Firmata



 1° aprile 2013