Ma che Paese siamo diventati?

Negli ultimi anni, con due diversi Governi, di cui uno pseudo tecnico, i cittadini e in particolare le fasce più deboli della società, “Quelle che hanno di meno ma sono in tanti”… hanno pagato un conto salatissimo, che ha inciso pesantemente sulla qualità della vita della famiglie e dei giovani.

Nel contempo ci sono classi sociali che non sono state nemmeno sfiorate da un minimo provvedimento, ad esempio, i politici, i manager delle aziende pubbliche, e delle istituzioni a livello nazionale e locale, i cosìdetti finanzieri d’assalto e i grandi patrimoni (con particolare riferimento a quelli finanziari),“Le categorie che sono di meno ma che hanno di più”.

La crisi finanziaria, da sempre la causa di tutti i mali della società, partita dagli USA. con i mutui sub prime e poi estesa all’Europa e in particolare al nostro Paese, unitamente all’incapacità dimostrata dai Governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni (ovviamente facendo le debite proporzioni in relazione agli anni di Governo e ai provvedimenti adottati), ci ha portati sull’orlo del baratro, cioË ancora un passo e avremmo fatto la fine della Grecia se non peggio.

Il fallimento della politica, ha reso perciò necessario l’avvento del cosidetto Governo tecnico, come unica possibilità per adottare interventi immediati a scongiurare tale pericolo.

Ora è vero che abbiamo recuperato la nostra immagine a livello internazionale (ridicolizzata dal comportamento del precedente Governo), che lo spread fra BTP e Bund si è dimezzato, con un notevole risparmio per le casse dello Stato e che ci siamo allontanati dall’orlo del baratro, ma per il resto il quadro generale del paese é decisamente preoccupante.

La disoccupazione ha raggiunto l‘11,6%, quella giovanile al 36,5%, ci sono milioni di precari e di pensioni al di sotto dei mille euro, gran parte delle quali a meno di 500 euro, l’economia è in recessione, l’evasione fiscale, la corruzione e la criminalità dilagano.

In questa situazione c’è da domandarsi, “ma che Paese siamo diventati?”: i giovani per trovare lavoro devono andare all’estero, le menti piùbrillanti sono costrette ad emigrare (sono ben 243 i brevetti di ricercatori italiani che lavorano all’estero, che hanno reso oltre 2 miliardi di euro, che avrebbero potuto essere investiti in Italia), i vecchi sono considerati un peso per la societ‡ in quanto non producono piùreddito, le famiglie non hanno un minimo di sostegno, il lavoro è continuamente mortificato da leggi che con la motivazione della flessibilitàlo stanno rendendo sempre più precario e, nonostante ciò, difficile da trovare.

Ma nonostante tutto c’è ancora speranza, la riscossa deve partire dai giovani, ma anche i meno giovani devono fare la loro parte, cosÏ come tutte le categorie, i politici in primis, i lavoratori pubblici e privati, gli imprenditori e i commercianti, indipendentemente dalla fascia sociale di appartenenza, si dovranno superare le singole posizioni di parte, gli egoismi, sar‡ necessario riscoprire i valori dimenticati da tempo, onestà, legalità, impegno e solidarietà e insieme dare il proprio contributo, perché non va dimenticato che siamo tutti sulla stessa barca e quindi o ci salviamo insieme o affondiamo tutti, il rischio Grecia è ancora dietro l’angolo…

Pier Carlo Lava



 13 dicembre 2012