Egr. Signor Direttore

leggo con ritardo, ma con interesse, la Lettera al Direttore del 19 novembre scorso dal titolo ‘Se i giovani non amano Tortona la colpa è delle maestre che non li portano a conoscere la città’. Se mi è consentito esprimo una mia valutazione sull’argomento da maestro ormai in pensione da diversi anni (con 37 anni di insegnamento alle spalle, dall’alta montagna alla città).

L’autore della lettera al Direttore si dimostra attento e sensibile all’azione della scuola ( e questo va a suo merito) e lamenta la scarsa attenzione delle maestre verso la storia locale, mentre rimpiange – più che giustamente, dico io – la scomparsa del maestro unico che trovava spazio anche per lo studio della realtà locale con uscite esterne.

Perfettamente d’accordo, e lo dico per esperienza personale, dopo aver lavorato come insegnante ‘unico’ e dopo aver sperimentato l’insegnamento con il cosiddetti ‘moduli’(quando addirittura succedeva che in una classe ruotavano fino a sei insegnanti: oltre ai due titolari nelle materie ‘forti’ c’era chi insegnava educazione musicale, chi educazione religiosa, chi educazione fisica, chi educazione all’immagine, chi lingua straniera e, per finire, l’insegnante di sostegno…). Così allo scoccare dell’ora, si interrompeva immantinente la lezione, magari senza poter terminare la frase per lasciare spazio al collega, e recarsi in un’altra classe. Invitabile che l’insegnamento risultasse estremamente frammentato.

Con l’introduzione della figura dell’insegnante ‘prevalente’ pare che qualcosa sia cambiato. Poi c’è un altro problema, rispetto al passato: vengono introdotte e affidate alla scuola nuove ‘educazioni’: l’educazione ambientale, l’educazione stradale, l’educazione sanitaria, l’educazione sessuale e altro ancora…

La società, e spesso anche la famiglia, delegano alla scuola ogni tipo di educazione, come suo compito esclusivo. Ma oggi si può ancora parlare di ‘società educante’?

Ciò premesso, con tutti questi insegnamenti ‘istituzionaliizati’risulta estremamente macchinoso e complesso trovare spazi per lo studio della storia locale. E poi si dimentica una cosa – pure essa importante – : che la scuola dovrebbe anche insegnare a ‘leggere scrivere e far di conto’, come si diceva un tempo… E, come risulta da recenti indagini della Comunità Europea, la nostra scuola elementare, un tempo a livelli di eccellenza, è scesa nella graduatoria di parecchi gradini (e questo neanche per demerito degli insegnanti).

In tali condizioni risulta complicato riservare spazio per l’educazione sulla storia e sulla realtà locale, che tuttavia, a quanto mi risulta, oggi non è affatto ignorata, nonostante tutto. Vorrei riferire un’esperienza personale, anche per smentire generalizzazioni sulla latitanza delle maestre (e insegnanti di scuola media e superiore), al riguardo. Lo scorso anno sono stato invitato ad accompagnare in visite guidate per la città o ad incontrare nella sede scolastica diverse decine di classi, sia elementari che medie, parte su iniziativa personale degli insegnanti, parte in incontri inseriti in un programma di scoperta della città presentato dal comune. Mi riferisco al concorso’La Tortona che amo… la Tortona che mi piace’.

Questo concorso si concluse con una splendida e documentata mostra allestita a Palazzo Guidobono al termine dell’anno scolastico, che compendiava le ricerche e le visite per la città. Gli scolari e gli studenti con i rispettivi insegnanti, e con la preziosa collaborazione del personale del Comune, hanno compiuto un lavoro eccezionale. Meritano davvero un plauso. E, per quanto mi riguarda, quest’anno scolastico, sono già stato contattato da alcuni insegnanti che, in fase di programmazione dell’attività didattica dell’anno in corso, hanno inserito un adeguato spazio allo studio della realtà locale.

Ancora un’ultima annotazione. Una recente – l’ennesima – riforma dei programmi della scuola dell’obbligo, ad esempio, rimanda lo studio della storia del Risorgimento all’ultimo anno della scuola media, perciò lo scorso anno (150° anniversario dell’Unità nazionale) era diventato estremamente arduo parlare agli alunni della elementari della guerre di Indipendenza o di Cavour o di Garibaldi, per loro illustri sconosciuti: questo è stato rilevato da molti insegnanti e questo l’ho notato personalmente quando ci siamo trovati in piazza Gavino Lugano, davanti al monumento a ricordo dei Caduti tortonesi nelle battaglie del Risorgimento: di quella scultura ai ragazzi delle elementari è rimasto impresso il fatto che, quando fu inaugurata, fu definita ‘Tortona col mal di denti’

Per concludere, posso affermare che, nonostante le difficoltà obiettive, sono ancora molto numerosi gli insegnanti – sia delle elementari sia delle medie – che dedicano tempo e spazio allo studio della storia e, in genere, della cultura locale.

Mi scuserà per il lungo intervento, con l’augurio che possa essere arricchito da altri interventi e da altre opinioni.

Cordiali saluti e buon lavoro

Armando Bergaglio


Un contributi di un maestro di vecchia data come Armando Bergaglio e per di più storico locale é sempre bene accetto. Ci auguriamo veramente che qualcosa si muova e che non si perdano le radici della nostra storia, ma fino a quando le istituzioni per prime non si muoveranno, sarà difficile.

  7 dicembre 2012