Egregio Direttore,

vorrei concludere la lunga analisi sui progetti finanziati coi soldi pubblici, stavolta, però a differenza dei tre precedenti articoli, cambia qualcosa.
Un marchio famoso nel mondo, un centro ricerche capace di polarizzare l’attenzione nazionale e mondiale sul proprio operato, riconoscimenti alle buone pratiche ambientali messe in atto da parte delle più autorevoli associazioni di tutela dell’ambiente, ma a Tortona gli hanno messo i bastoni tra le ruote. E lui, per fare impresa e creare occupazione è andato fuori città.
Di chi si parla? E’facile rispondere.
Meno facile conoscere i dati nel dettaglio: un finanziamento da risorse pubbliche di quelli a sei zeri, ben 3milioni e 710mila euro stanziati dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione sulla programmazione 2007/2013, di cui poco meno di 2 milioni già erogati a sostegno del progetto ricerca e innovazione svolto dai laboratori nel Parco Scientifico e Tecnologico, qui, a Rivalta Scrivia. Tutto documentato, nella massima trasparenza, al sito web del Ministero
http://opencoesione.gov.it/progetti/3pipban-fas11197/

“La testa, la ricerca è in Italia, con impianti in USA, Messico, Brasile, India e Cina.” Così Guido Ghisolfi presentava la sua azienda alla platea della Leopolda nel 2011; il Vicepresidente della più grande azienda chimica privata rimasta in Italia, che dé lavoro a duemilacinquecento dipendenti in tutto il mondo e nostro concittadino, impiegava come biglietto da visita la brillante attività di ricerca sul bioetanolo di seconda generazione svolta nei laboratori del Parco Scientifico e Tecnologico di Rivalta.


Tre milioni di euro dal Ministero, ma a Tortona c’è chi dice no

L'azienda Mossi & Ghisolfi

L’azienda Mossi & Ghisolfi

I fondi assegnati dal Ministero, da quanto su può riscontrare, vengono investiti con profitto: C5.6
Italy srl, società del gruppo M&G ed esecutore del progetto, si occupa di selezionare particolari categorie di enzimi, in grado di trasformare le biomasse legnose non alimentari in biocombustibili liquidi trasportabili (il bioetanolo appunto). Il focus del progetto è quello di sviluppare una tecnologia “green” destinata alle nuove bioraffinerie. Il progetto di ricerca guidato da C5.6 Italy srl prevede un investimento complessivo di 4 milioni 800mila euro, di cui 3 milioni 800mila in capo alla società proponente e un milione di euro in capo all’organismo di ricerca partner, l’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”.
La concessione dei 3milioni di finanziamento pubblico è motivata dalle potenziali ricadute del progetto, valutate “importanti sia a livello Regionale che Nazionale”. Ma a Tortona qualcuno la pensa diversamente.
Anche senza scomodare i Vangeli, è risaputo che «Nessun profeta è bene accetto in patria»; alcuni comitati locali non condividono la lungimiranza espressa, sull’altro fronte, da Ministero, Regione ed Università, creando un muro di ostacoli alla realizzazione del primo impianto produttivo di bioetanolo esistente al mondo. Eppure il progetto era stato valutato meritevole di un sostanzioso finanziamento. Chi può aver preso un abbaglio?
Fermo restando il sacrosanto diritto dei cittadini ad esprimersi su temi impattanti la salubrità del territorio, fino a che punto può interferire un comitato di persone nelle scelte politiche, in tema di sviluppo del territorio nella sua globalità? Cui Prodest?

 

Anche Legambiente premia la nuova tecnologia, ma a Tortona gli ambientalisti non lo dicono

Il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente è un riconoscimento nazionale rivolto all’innovazione di impresa in campo ambientale. Ideato da Legambiente, nel 2000 il premio ha lo scopo di contribuire alla diffusione di buone pratiche orientate alla sostenibilità ambientale, valorizzando quelle realtà che sappiano raccogliere le sfide dell’ambiente come valore e opportunità irrinunciabile di sviluppo economico e sociale.
Nell’edizione 2012, tra le 165 proposte in concorso, viene premiata con una segnalazione da parte della giuria proprio la tecnologia di produzione del bioetanolo targata M&G, con la seguente motivazione: “Un nuovo slancio alla chimica verde in Italia da una nuova bioraffineria (40.000 t/a) che sta per essere accesa [Crescentino, n.d.a.]. L’innovazione di processo ha comportato alti investimenti in ricerca e sviluppo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione a partire da biomassa legnosa non alimentare”.
Qualcuno sapeva di questo premio? No? Forse per certi ambientalisti poteva risultare scomodo che si sapesse?
http://upload.legambiente.org/premioinnovazione.legambiente.org/cerimonia_premiazione_2012/14122012ComunicatoStampa.pdf

 

Uno, due, tre….. stella!

Guido Ghisolfi e Matteo Renzi

Guido Ghisolfi e Matteo Renzi

All’occasione sfumata per Tortona, fa da contraltare il rilancio di Crescentino, ma non solo quello.

Sono stati identificati già altri tre siti per accogliere ulteriori nuovi impianti del bioetanolo di seconda generazione. Non si tratta di mera speculazione: è l’Unione Europea ad aver prescritto che entro il 2020 il 10% dei carburanti debba essere di provenienza biologica, prevedendo che il 2,5% debba venire da biocarburanti di seconda generazione.

A Crescentino se ne produrranno 50mila tonnellate, e pochi mesi fa il governo italiano ha firmato un accordo con il Gruppo Mossi Ghisolfi per lo sviluppo di tre nuovi impianti di etanolo di seconda generazione. I siti selezionati sono Sulcis, Termini Imerese, Puglia.

Il treno che sta passando adesso per loro, da noi è già passato. Ma in stazione ci avevano detto che era il treno sbagliato e siamo rimasti a guardarlo mentre partiva…

 

“Non lo volevamo a Tortona e non lo vogliamo nemmeno altrove!”

Pare proprio che sia così. Pur di contestare qualcosa, in certi casi ci si arrampica anche sui vetri. Ad esempio, l’impianto di Crescentino, che tra dipendenti e indotto assicura un posto di lavoro a circa trecento famiglie, a qualcun’altro è tutt’ora particolarmente inviso. Le argomentazioni di questi contestatori a connotazione non politica sono estremamente fragili. “In Italia quasi non esistono autoveicoli che vadano ad etanolo!” vanno tuonando, quando in realtà la miscela E10 può essere utilizzata dalla maggior parte degli autoveicoli appartenenti alla fascia Euro 4 e superiori.
“L’impianto doveva funzionare a lignina, e invece usa cippato!” A parte che sempre biomasse sono, è come disquisire se sia nato prima l’uovo o la gallina. Per avere lignina (scarto della distillazione del bioetanolo) sufficiente a sostenere il funzionamento di tutto l’impianto, si presume che occorra un periodo di rodaggio sufficiente ad accantonarne la quantità necessaria per chiudere il ciclo perfetto. Nella fase di avviamento si dovrà giocoforza ricorrere ad altri materiali da bruciare per ottenere energia elettrica. Il temine “impianto a regime” qualcosa vorrà dire, o no?
“Molti altri sono gli inquinanti emessi dalla combustione di cippato, oltre le polveri sottili, quali hc, ipa, metalli pesanti, diossine e pcb!” Scusate molto, devo aver capito male, credevo che foste favorevoli ai biocombustibili. Avevo letto il programma ufficiale di Grillo. Ah già però lui è quello favorevole ai biodigestori caricati con l’immondizia della frazione umida… che pasticcio. Chiedo scusa.

 

Ma noi…. No!

Certi comportamenti tortonesi sono difficili da capire; ad esempio, perché “storcere il naso” (figurativo) al bioetanolo prodotto a Rivalta da un imprenditore del territorio, con potenzialità di impiego per centinaia di persone, e non profferire verbo su di un biodigestore industriale alimentato a FORSU, realizzato da imprenditori “venuti da lontano” e che genera occupazione, invero, solo per una decina di addetti? Davvero, non si capisce che “grilli” abbiano per la testa adesso… o quali “verdi” speranze avessero, invece, motivato l’ostruzionismo a Ghisolfi, ai tempi. Magari esisteva un altro “progetto” per l’ambiente, chissà….

La Tortonese Indignata

15 agosto 2015

Mossi & Ghisolfi - G