Dopo 35 anni di interventi sui beni artistici e monumentali di Castelnuovo e due anni di lavoro per assemblare documentazione scritta e fotografie (quasi 700), viene presentato venerdì 23  l’ultimo volume di Antonello Brunetti, dedicato, come gran parte della sua produzione, a tematiche che intendono “dare memoria” alle nostre comunità. L’appuntamento è alle ore 21, nella sala Pessini.

Il libro si apre con due prefazioni: di Carlenrica Spantigati, studiosa di grande livello e per un lungo periodo soprintendente del Piemonte, e di Giovanni Donato che è stato responsabile ai Beni artistici per la provincia di Alessandria.

Nella prefazione l’autore pone in rilievo che libro è stato in parte finanziato da una ottantina di persone con la forma del preacquisto e ciò al fine di coinvolgere la popolazione e in particolare chi sente ancora forte il richiamo con la gente che ha vissuto in questo territorio e che si richiama a valori e attività (anche artistiche) di cui occorre conservare la memoria.

La serata del 23 marzo inizierà con la proiezione di immagini inedite delle scoperte artistiche e del prima, durante e dopo di alcuni restauri.

Seguiranno letture e due interventi da parte dell’autore e di Ettore Cau, docente universitario e fra i promotori dell’Associazione “Pellizza da Volpedo”.

Per inquadrare l’opera e l’autore riprendiamo alcuni passaggi della prefazione della dott.ssa Spantigati.

I ricchi frutti della collaborazione

Agli inizi degli anni ’80 del Novecento stavo muovendo i primi passi in un lavoro che avevo scelto credendo fermamente nella tutela del patrimonio culturale come a un servizio che la mia preparazione specifica poteva fornire alla collettività.

Funzionario della allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici con la responsabilità sul territorio della provincia di Alessandria dovevo quotidianamente fare i conti con il vero nodo del problema, quello del rapporto con le realtà locali.

Come abbiamo a cuore la buona salute della nostra casa, i beni culturali di un centro – grande o piccolo che sia – necessitano di attenzione e cure affettuose perché quella è la casa di tutti noi. È inutile profondere impegno e denari per mantenere in buona salute qualcosa se non c’è chi si preoccupa di vedere se una nevicata ha fatto muovere le coperture di un tetto, se una finestra si è rotta, se un intonaco si distacca, se ai piedi di un manufatto ligneo si accumula la polverina gialla lasciata dai tarli, se il colore di un dipinto si solleva, se un tessuto si lacera per l’errata modalità con cui viene immagazzinato.

Così ecco l’incontro con Antonello Brunetti e la lunga tradizione di collaborazione, che ha connotato i decenni di cui questo volume rende ragione, in una sorta di rendiconto ma soprattutto nella riflessione a tutto campo sul nostro modo di vivere e di trasmettere alle generazioni i nostri patrimoni.

Questo volume ne è lo specchio fedele, dal richiamo alla base indispensabile della conoscenza attraverso la catalogazione e la ricerca, alla sollecitazione di una lettura delle singole opere nel loro contesto e nel loro ambiente, al sostegno che solo una reale sensibilizzazione dell’opinione pubblica può fornire.

Dunque avevamo trovato un terreno di intesa e un linguaggio condiviso. Talora, per spingere a interventi di salvaguardia e di valorizzazione, eravamo insistenti e ricordo la citazione da San Paolo “opportune et importune” di monsignor Cerutti nel 1986 al termine del restauro dell’Ultima Cena di Alessandro Berri, una citazione che in certo modo ci inorgoglì.

Ora questo volume prosegue nel lavoro di divulgazione e di comunicazione a tutto tondo e non posso che condividere questo modo di intendere l’amore per la propria terra. In un mondo globalizzato qual è il nostro, oggi solo la consapevolezza delle nostre radici può migliorare la qualità della vita quotidiana, nel sentire davvero nostri ambiente, paesaggio, manufatti grandi e piccoli sopravvissuti dal passato, per poter affrontare con serenità il futuro.