Abbandonare il campanilismo ma mantenere e promuovere tutte le singole eccellenze liguri, questo il messaggio della Regione Liguria che vede nei giovani il futuro dell’industria turistica.

A Imperia fino a non molti anni fa ci si veniva per andare al mare, chi aveva la fortuna di una casa di famiglia arrivava con armi e bagagli e si piazzava nei week end, nelle feste e durante il periodo classico di balneazione, sotto un bell’ombrellone. Anche chi non aveva una casa in riviera veniva in Liguria per il mare e cercava di starci il più possibile, lontano da stress e inquinamento, compatibilmente con i fondi a disposizione.

Questa gente non c’è più. Anche chi ha la casa da queste parti la lascia chiusa per periodi lunghissimi, i turisti da ombrelloni hanno disertato perché hanno scoperto maggiori soddisfazioni a fare altro, o meglio, a fare ‘anche’ altro.

Ormai chiunque si occupi di viaggi e vacanze conosce bene studi e statistiche che dipingono il nuovo turista post moderno, il cui desiderio principale è quello di fare qualcosa di nuovo. Non stupisce quindi che le vacanze si trasformino in toccate e fughe dei fine settimana, magari non pianificate o pianificate con i moderni servizi fai-da-te all’ultimo secondo. Questo tipo di approccio rende difficile prevedere i flussi e quindi godere di un lavoro continuato, aumentando invece quello precario.

Se poi aggiungiamo che gli enti locali sono dichiaratamente sul lastrico, senza fondi anche solo per riparare una buca nell’asfalto, il quadro generale prospettato a un potenziale turista non è certo attraente e tutta la regione ne risente.

La corsa ai ripari e il proverbiale rimboccarsi le maniche, tocca tutti, dagli enti locali a quelli provinciali e regionali e, in particolare, ai singoli cittadini.

La prima considerazione è che una meta turistica non è un comune o una provincia, ma una più propriamente destinazione definita da un’offerta turistica complessiva e non limitata ai confini amministrativi. Così, la Riviera dei Fiori non corrisponde a una comune o una provincia e nemmeno a una regione, eppure culturalmente e storicamente si identifica come un tratto di costa ben chiaro nella mente dei turisti, almeno nostrani.

Questa particolarità di confini sfalsati e tentativo di coordinamento a livello regionale si evince fin da subito negli interventi e nei testi distribuiti durante l’evento Turismi in Riviera, giunto alla seconda edizione, il cui scopo è riunire tutti gli attori pubblici, locali e di categoria, nonché gli studenti delle scuole di turismo, per parlare della situazione turistica, dei piani in atto e di come procedere per rendere la Riviera (notare, senza Fiori) un territorio nuovamente appetibile.

Il leitmotif è quello del coordinamento regionale che, se da una parte ha ben ragione d’essere, dall’altra deve tener conto di quello che invece è un fatto storico e culturale del nostro territorio, ovvero essere diviso in mille campanili, sia lungo la costa, sia dalla costa all’entroterra.

La difficoltà più grande è quella di conciliare in un unico programma due messaggi ben diversi: il primo è quello del coordinamento (si legga investimenti) regionale, il secondo è quello dell’amore, affetto e promozione a livello locale. Il tentativo è quello di dare un colpo alla botte e uno al cerchio, ed esempio ne è la discussa (e al momento opzionale) tassa di soggiorno che, in teoria, dovrebbe foraggiare per il 60% una promozione coordinata e per il 40% una pratica di turismo locale il cui concetto per qualcuno è ancora fumoso: il ruolo dell’amministratore locale è quello di far desiderare e piacere la propria città a tutti, residenti e non, così che i cittadini per primi possano esserne sponsor a tutti i livelli.

In sostanza la regione ci dice che il campanilismo sano è quello che spinge i cittadini a portare in palmo di mano la propria città e l’amministrazione locale è responsabile in prima istanza della sponsorizzazione, provvedendo soprattutto al decoro urbano e altre utilità di base che, in un mondo desiderato da tutti i cittadini, dovrebbero essere sacre.

La mancata sponsorizzazione del proprio territorio porta allo scollamento tra quello che è un prodotto di eccellenza e la realtà locale e questo vale anche in altre industrie.

Prendiamo l’Agnesi. Agnesi ha chiuso il suo stabilimento a Imperia perché ha cambiato mercato di riferimento. Invece di vendere alla GDO in Italia si è rivolta all’estero, in Russia e Giappone per essere più precisi, dove con un minore volume (e costi) di produzione ottiene ricavi superiori. Ovviamente vende bene perché il suo prodotto è Made in Italy e il fatto che fosse Made in Imperia è venuto del tutto a mancare. Imperia era anche la Capitale della Dieta Mediterranea e, andando ancora più indietro nel tempo, Oneglia era conosciuta in tutto il mondo perché in Piazza Dante si definitiva ogni giorno il prezzo dell’olio d’oliva a livello mondiale.

L’abbandono, la perdita dei valori, delle eccellenze e dei primati sono causati in primo luogo da una cattiva amministrazione locale che non cura il territorio, non lo valorizza e lo lascia in balia di se stesso. Il messaggio forte è che tutto è turismo: dall’asfalto in strada alla Madonnina nascosta in qualche nicchia, il turismo è nei dettagli.

Per fortuna ligure, ma ciò vale per tutte le regioni italiane, la ricerca della diversità e varietà da offrire al turista ha solo l’imbarazzo della scelta. Dando per scontati gli ombrelloni, praticamente ogni sasso girato nell’entroterra ha la sua storia e ogni chilometro di costa ha qualche villa storica, opera artistica o turista famoso da vantare. I primi esperimenti di turismo esperienziale e culturale danno i loro frutti, soprattutto se abbinati all’enogastronomia, alle bellezze naturali e alle esperienze salutari.

Il nostro retaggio storico e anche turistico, il recupero di queste eccellenze come prodotto da vantare, sponsorizzare e in ultimo vendere, è un compito che può essere affidato a una nuova generazione di esperti di turismo, ovvero gli studenti di università e istituti specializzati come quelli imperiesi che negli ultimi mesi hanno lavorato per presentare progetti turistici che tenessero in considerazione tutti i cambiamenti fin qui enunciati.

Oltre a essere per loro natura curiosi e desiderosi di sperimentare, l’affetto per il territorio e la freschezza di idee nuove sono due risorse da coltivare da parte di enti e associazioni che proprio in questa occasione hanno premiato alcuni progetti che hanno come teatro l’intera Riviera dei Fiori (questa volta sì, i Fiori ci sono) e fanno leva proprio su eccellenze culturali, storiche e naturali, dai Saraceni e i Doria, ai prodotti tipici e angoli tanto incantevoli quanto nascosti dei nostri borghi fino all’emozione dei grandi cetacei. Questi progetti sono stati premiati con stage e borse di studio con lo scopo di vederli realizzati e sfruttati come esempio da seguire.

In sostanza, si spera di girare pagina, con una nuova ondata di gioventù specializzata, amministrazioni più sensibili alla cura del territorio e un coordinamento e controllo votati all’ottimizzazione degli investimenti.

All’evento Turismi in Riviera sono intervenuti, tra gli altri, Fabio Natta Presidente Provincia di Imperia, Simone Vassallo Assessore al Turismo, Sport, Manifestazioni, Promozione del Territorio e Protezione Civile del Comune di Imperia, Enrico Lupi Vice Presidente Vicario Camera di Commercio Riviere di Liguria, Federico Fontana, Andrea Zanini, Clara Benevolo e Mario Grasso dell’Università degli Studi di Genova e Marco Benedetti Presidente Regionale Confesercenti Liguria. Era inoltre presente Silvana Tizzano S.E. Prefetto di Imperia.

Complimenti agli studenti Maria Gandolfo, Celine Lichene e Giacomo Michelis per aver vinto il concorso Turismi in Riviera con i loro progetti originali e innovativi.