Egregio Direttore,

Mia mamma ha 78 anni ed è gravemente invalida. Da anni non cammina, ha perso buona parte della memoria, ha paura di tutto, deve essere accudita come un neonato e ormai le costa una fatica immane stare seduta sulla sedia a rotelle anche solo un paio d’ore al giorno. Nelle ultime settimane si sono aggiunti problemi cardiaci: tachicardia pressochè stabile con frequenza tra 140 e 170.

Il 7 maggio abbiamo chiamato il 118: il medico, fatto l’elettrocardiogramma, consigliava il trasferimento al pronto soccorso per accertamenti, onde individuare la causa della tachicardia, qualora fossero sopravvenuti altri sintomi quali difficoltà respiratorie o sudorazione. Nei giorni successivi, permanendo il disturbo, il medico di base organizzava il prelievo di sangue a domicilio, che veniva (finalmente) effettuato il giorno 23 maggio con consegna dei referti il 24 pomeriggio.

Poiché dalle analisi non si riscontravano possibili cause del problema, il giorno stesso il medico provvedeva a telefonare all’ospedale di Tortona per chiedere se c’erano letti disponibili per un ricovero urgente.

La risposta era stata “Li stiamo ricoverando sul tetto: possiamo solo tenerla un paio di giorni in astanteria, chiami il 118”.

La mattina dopo, intorno alle 10, veniva così trasferita in ambulanza al pronto soccorso, insieme ai referti delle analisi fatte il giorno precedente e ad una prescrizione di antibiotico fatta dal medico di base perché nel frattempo era sopraggiunta anche la bronchite. Nelle ore successive le sono state effettuate nuovamente le analisi del sangue, oltre ad una lastra al torace e all’elettrocardiogramma. “Siamo in attesa che la visiti il cardiologo, che arriverà quando avrà terminato le visite in reparto”.

La visita cardiologica, come ho appreso successivamente, è stata effettuata in modalità “al telefono”. Intorno alle 14.30, durante le due ore di “black out” in cui al p.s. è vietato l’accesso agli estranei, ricevo una telefonata: “venga subito perché la stiamo dimettendo”.

Corro in ospedale mentre la stavano già spostando in ambulanza. Poiché dovevo seguirla a casa non ho avuto il tempo materiale di parlare con il medico né di leggere la cartella clinica: sono solo riuscita a chiedere se le avessero dato l’antibiotico (“no, glielo dia lei. Prenda questo, è una scatola già iniziata: quello che manca se lo faccia prescrivere”).

Arrivata a casa ho finalmente potuto leggere la cartella: sconcertante. Nessuna diagnosi precisa, nessuna terapia, se non un “Si eseguono manovre vagali”: in pratica le hanno massaggiato i bulbi oculari (o la carotide) per ridurre la frequenza cardiaca, che puntualmente è tornata a 150 meno di un paio d’ore dopo. Ma evidentemente per loro il problema era stato brillantemente risolto.

Leggo inoltre: “Essendo il primo episodio, si dimette senza terapia domiciliare”. A parte il fatto che il primo episodio risaliva a 18 giorni prima, con l’intervento del 118, la domanda è: quale episodio bisogna attendere prima di affrontare il problema seriamente? La fibrillazione? La trombosi? L’arresto cardiaco? Non ci è dato saperlo. Ma la perla sta a pagina 2: “Si consiglia ECG holter e visita cardiologica da  PRENOTARE IN REGIME AMBULATORIALE”.

Come se un paziente così, che a fatica sono riusciti a muovere in quattro su un lenzuolo, potesse essere tranquillamente trasportato e visitato in ambulatorio.

Ma poi, perché dimetterla, se ha bisogno di altri accertamenti e trattamenti ospedalieri?

Perché non è stata visitata dal cardiologo?

Perché non è stata ricoverata a Novi Ligure, se a Tortona non c’era posto?

Io non so cosa stia succedendo esattamente all’ospedale di Tortona, anche perché non è che si facciano in quattro per tenerci al corrente sulle modalità di riorganizzazione/chiusura dei reparti… Ma so che la gente continua ad ammalarsi e ad avere bisogno di cure anche urgenti ESATTAMENTE come prima del declassamento dell’ospedale.

Non so se il reparto di cardiologia esista ancora, non esista più o esista a metà. Mi sta bene anche che un ospedale possa essere declassato. Ma non posso tollerare che venga declassato PRIMA di avere organizzato l’assistenza sanitaria dei cittadini in modo almeno accettabile. I piani sanitari passano, così come passano le amministrazioni politiche e sanitarie, ma la vita delle persone è una sola e quella di un invalido non vale meno delle altre.

Io comunque due cose le ho ben chiare in mente:

1) l’art. 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute;

2) l’omissione di soccorso è un reato.

Facciamoci sentire: sono certa che siamo in tanti, perché in questi mesi ho sentito molte storie simili a quella di mia mamma, quando non peggio. Facciamoci sentire perché magari servirà a poco, ma di sicuro subire in silenzio serve ancora a meno.

 Luisa Cassano


Pubblichiamo integralmente la lettera giunta in redazione di Luisa Cassano, addetta stampa del Movimento Cinque Stelle di Tortona e com’é nello stile di Oggi Cronaca, pronti a pubblicare la replica dell’Asl o della direzione sanitaria dell’ospedale tortonese nel qual caso ritenessero di dare la loro versione dei fatti.