Alle ore 17.30 di giovedì 28 aprile un nuovo importante appuntamento dell’Acqui Storia a Palazzo Robellini (P.za Levi, 5): il dibattito su tempi e modi dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra. L’incontro cade a proposito, mentre Asti, come l’intero Piemonte, si prepara a ospitare l’Adunata Nazionale degli Alpini: occasione non solo di “festa” ma di riflessione responsabile sul ruolo della Difesa nell’ambito del Paese, un tema eluso per decenni all’ombra dell’adesione alla Nato. Questa ha portato l’Italia a compiere missioni in terre remote ma ha anche fatto svaporare la percezione della vulnerabilità dei confini.

Al centro dell’atteso incontro il volume “1915: maggio radioso o colpo di Stato?” curato da Aldo A. Mola, uno dei più importanti e documentati ricercatori italiani di storia contemporanea, che verrà presentato dal responsabile esecutivo del Premio Acqui Storia Carlo Sburlati.

Il libro esplora la genesi dei tanti guai italiani del Novecento. Il presidente del Consiglio, Antonio Salandra, senza avervi i numeri, esaustorò il Parlamento. Il conservatore agì da “rivoluzionario”. Squassò il sistema statutario (fragile triangolo scaleno) ed espose la monarchia costituzionale a una crisi che sul lungo periodo risultò irreversibile. Con la conflagrazione europea Salandra ritenne di “entrare nella storia”, buttando il Paese nella fornace ardente. Dopo estenuanti e ambigue trattative, il 26 aprile 1915 l’ambasciatore Imperiali sottoscrisse a Londra l’ engagement che impegnava l’Italia a entrare in guerra   entro un mese contro “tutti i nemici” dell’Intesa anglo-franco-russa. Lo sapevano solo lui, Salandra, il ministro degli Esteri, Sidney Sonnino, e il re, che autorizzò trattativa e firma. Ma, a conti fatti, a inizio maggio Salandra e Sonnino convennero di poter contare solo 120 voti su 508 deputati. Che fare? La situazione divenne insostenibile quando, insospettito dal continuo rinvio della convocazione della Camera, dalla quiete di Cavour Giolitti andò a Roma per seguire da vicino le trattative con l’Austria-Ungheria, volte a ottenere ragionevoli compensi territoriali senza ricorrere alle armi. Era il 9 maggio. Il 13 Salandra rassegnò le dimissioni. Il verbale della seduta del governo, sinora inedito, non lascia dubbi: “Il Consiglio dei min.(istri) considerando che intorno alle direttive del governo nella politica internazionale manca il concorde consenso dei partiti costituzionali che sarebbe richiesto dalla gravità della situazione, delibera di presentare a S.M. il Re le proprie dimissioni”.

Secondo la “narrazione”, poiché nessuna tra le personalità da lui consultate accettò di formare un governo nuovo, tre giorni dopo Vittorio Emanuele III confermò Salandra, che il 20 chiese alla Camera i poteri straordinari. Era l’implicito annuncio della guerra. Ottenne 241 “si”, pari al 47,5% dei deputati in carica. Ma Giolitti dov’era? Che cosa accadde tra il 23 e il 17 maggio? Il libro pubblicato fa luce su molti aspetti sinora ignorati.

Il pomeriggio del 16 maggio lo statista fu ruvidamente avvertito che era in corso un attentato alla sua vita e che la pubblica sicurezza non era in grado di garantirne l’incolumità. Sua moglie, Rosa Sobrero, villeggiava a Frascati, senza alcuna tutela. Come altre grandi città, Roma era preda della folla, eccitata ad arte. “Morte a Giolitti, viva la Piazza, abbasso il Parlamento!” in poche ore divennero le parole d’ordine. A Milano furono affissi manifesti con la testa mozza e sanguinante di Giolitti. Gabriele d’Annunzio incitò a purificare col fuoco la città eliminando il “vecchio boia labbrone”. La folla tentò l’assalto all’abitazione che da anni lo Statista affittava in via Cavour. Sotto minaccia, Giolitti lasciò di fretta la Città Eterna. Capo della maggioranza costituzionale, uscì di scena. Un precedente devastante. La monarchia stessa risultò sovraesposta…

 

Il volume comprende saggi di Gianni Rabbia, Giovanna Giolitti, Giancarlo Lehner, Tito L. Rizzo, Antonino Zarcone, Ulla Akerstrom, Dario Fertilio, Giorgio Sangiorgi, Claudio Susmel. Mario Caligiuri, Gianpaolo Romanato, Enrico Tiozzo e Luigi Pruneti su politica interna, estera, militare, economia, Mezzogiorno, letteratura,cinematografia, Santa Sede. Nel suo contributo Luigi Pruneti documenta i principi ispiratori pacifisti coltivati dal pastore protestante Saverio Fera, “numero uno” della Gran Loggia d’Italia, a differenza del Grande Oriente d’Italia, che assunse la guida dell’interventismo più acceso.

Mentre il governo si cullava nell’illusione di un conflitto di poche settimane, Giolitti scriveva alla moglie: “La guerra avrà lunga durata”. La verità storiografica si fa strada poco a poco, documenti alla mano.*

 

Al termine della presentazione del volume, Carlo Sburlati Patron del Premio Acqui Storia aprirà un dibattito tra storici, giornalisti, pubblico presente ed Autore sulle problematiche sull’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale.

 

* Il volume fuori commercio sarà disponibile a Palazzo Robellini durante la presentazione sino ad esaurimento delle copie. Il suo curatore, Aldo A. Mola è autore di molti saggi e di numerose biografie. Escono in questi giorni due suoi libri: Adriano Lemmi, il Gran Maestro della Terza Italia (Ed. Bonanno) e Il Referendum istituzionale del 2-3 giugno 1946. Chi vinse davvero? (Ed. Bastogi).